Il sol dell’avvenire, la recensione: Nanni Moretti a settant’anni

Il sol dell’avvenire, la recensione: Nanni Moretti a settant’anni

Saltiamo subito al dunque: potremmo ragionare su Il sol dell’avvenire (trailer), ultimo film di Nanni Moretti dal 20 aprile in sala e selezionato per il concorso del settantaseiesimo Festival di Cannes, a partire dalla scena finale. Proprio come ci rivela Giovanni, interpretato dallo stesso regista, quando racconta di aver pensato al suo nuovo film, essendo anch’egli regista, proprio a partire dal suo epilogo, nel suo caso un suicidio. Un suicidio che coinvolgerà il protagonista del suo film (Silvio Orlando), redattore del quotidiano L’Unità diviso fra le posizioni del Pci e quelle di sua moglie all’alba della Rivoluzione ungherese del 1956.

Quella stessa scena finale preceduta da un dialogo a tavola, dove Giovanni/Nanni accetta, acquisisce consapevolezza e forse, una volta per tutte, arriva a capire che i film, le storie, si raccontano anche con i “se”. Ma cosa sono i “se”? Il trionfo dell’ideologia comunista? O semplicemente accettare che la storia che sta cercando di raccontare, attraverso un momento chiave della storia del Partito, parla di amore? Qualità principe de Il sol dell’avvenire è quella di lasciare allo spettatore spazio di manovra, di interpretare a proprio piacimento. Ma sarebbe troppo facile aprirsi a tale semplicità per un film di Moretti.

In più occasioni, infatti, il pretesto meta-cinematografico del titolo, oltre che simpatica strizzatina d’occhio a un certo tipo di cinema – che va da Fellini, passa per Kieslowski, e arriva al cinema di Moretti stesso (il circo Budavari, l’infinita diatriba sul sandalo, la copertina di Sogni d’oro,…), principalmente quello degli anni Ottanta -, suggerisce una visione del film più approfondita. Due esempi: l’intervento polemico di Giovanni sul set di un altro film durante una scena di esecuzione (dove il problema non è morale, ma etico); i vari tentativi degli altri personaggi di far capire a Giovanni che ha scritto un film che parla di altro e che il protagonista altri non è che lui.

Ed è allora sotto questa luce che possiamo (ri)leggere tutte quelle auto-citazioni. Qui capiamo che Il sol dell’avvenire altri non è che un film di Nanni Moretti a settant’anni. Ma, ancora, assolutamente lungi dal passare come un’operazione dove si tirano le somme. Come autore, il regista ci ha dimostrato (Tre piani, primo soggetto non originale della sua carriera) e ci dimostrerà (la prima regia teatrale in arrivo tratta da Ginzburg, in autunno) che probabilmente non ha bisogno di fare il suo amarcord. Il sol dell’avvenire è come una seduta psicanalitica: è un’operazione riflessiva che vuole giungere a delle conclusioni per proiettarsi nell’avvenire.

Il sol dell’avvenire, la recensione: Nanni Moretti a settant’anni

La grandezza del film sta proprio qui, nell’utilizzare l’immagine (o il simbolo) cinematografica per mettere in scena una presa di coscienza. Giovanni, per Moretti, non ha bisogno di risolvere i propri problemi con sua moglie (Paola, interpretata da Margherita Buy) se non attraverso il cinema (o il sogno); così come non ha bisogno di risolvere i problemi con la società e con l’attuale industria del cinema se non attraverso una messa in scena simil-patetica e allo stesso tempo parodica di se stesso (la risoluzione della “sequenza dell’esecuzione” descritta sopra).

Ma torniamo all’inizio, o alla fine. Abbiamo descritto quanto Il sol dell’avvenire nasconda più chiavi di lettura, probabilmente molte e tutte dipendenti dalle singole esperienze di vita del singolo spettatore (anche, o soprattutto, per la relazione che ognuno di noi intrattiene col cinema di Moretti). Il cinema di Moretti per alcuni è tornato ai fasti di una volta, per altri ci sta salutando definitivamente. La questione per il regista appare strettamente personale.

Ciò che ci sentiamo di dire, riprende di nuovo quella sequenza a tavola che precede il finale. In un mondo in cui tutti sentono di dire la loro, soprattutto sul cinema, Giovanni/Nanni Moretti è riuscito a fare il suo bel film con canzoni italiane. Brani che ci fanno agitare e commuovere sulla poltroncina di una sala, mentre tutto il cast del film si rivolge a noi, cantando e danzando. E tanto ci basta.

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