Una storia moderna – L’ape regina: 60 anni dall’esordio italiano di Marco Ferreri

A partire dal cinema classico hollywoodiano, il matrimonio è sempre stato un elemento centrale nella narrazione. Solitamente, dopo aver superato ostacoli e peripezie di ogni genere durante tutto l’arco narrativo del film, i protagonisti riescono nel finale a riconoscersi innamorati e a lasciarsi travolgere dalla passione, cedendosi l’una nelle braccia dell’altro. La presa di coscienza del sentimento e la conseguente scelta del matrimonio, quindi, è un topos che torna costantemente al cinema a partire, in maniera definitiva, dalla Hollywood degli anni Quaranta. Quest’idea del matrimonio visto come punto di arrivo nella concezione del cinema classico, con tanto di bacio tra i due innamorati e titoli di coda finali (come a voler sugellare che il lieto fine corrisponda, da quel momento in poi, ad un assenza totale di negatività per i protagonisti, pronti per un futuro roseo insieme), ha conosciuto varie rivisitazioni nel corso degli anni.

Una di queste è stata proprio definita dal primo film italiano del regista Marco Ferreri: Una storia moderna – L’ape regina. Troppo poco, al giorno d’oggi, viene ricordato il regista milanese. Il ruolo chiave di Marco Ferreri nella tradizione del cinema italiano risiede nell’aver guidato i suoi film verso una marcata direttrice grottesca. Il grottesco, di per sé, è la forma espressiva che permette di descrivere e raccontare la realtà attraverso l’esagerazione e l’ispessimento dei tratti che la compongono: ciò che definisce il risultato, quindi, è un’esasperazione sulla descrizione del mondo e dei tratti caratteriali o fisici di un soggetto, oltre ogni verosimiglianza. Nonostante fosse uno stratagemma tipico della commedia all’italiana, Ferreri è stato forse l’unico a spingere così tanto verso questa condizione.

Con Una storia moderna – L’ape regina, Ferreri inizia a declinare la sua visione del mondo, in riferimento ai rapporti coniugali: la storia ruota attorno ad Alfonso (Ugo Tognazzi, vincitore del Nastro d’argento come miglior attore protagonista e qui alla sua prima collaborazione con Ferreri, che proseguirà per altri 7 film dando inizio ad un vero e proprio sodalizio artistico e professionale), un quarantenne titolare di una concessionaria di Roma, che decide di sposare Regina (Marina Vlady, Miglior interpretazione femminile al Festival di Cannes), proveniente da una famiglia dalle forti tradizioni cattoliche e conservatrici. Dapprima, la donna manifesta un eccessivo pudore e riservatezza, capace di infiammare solo il desiderio del promesso sposo; dopo il matrimonio, invece, ella subisce un vero e proprio cambiamento, che la porta ad opprimere il marito affinché questi svolga il suo dovere coniugale per concepire un figlio insieme, fino all’esaurimento delle forze dell’uomo.

A ben vedere al giorno d’oggi, la carriera di Ferreri inizia in Italia con questo film (se non si conta l’episodio L’infedeltà coniugale nel film collettivo Le italiane e l’amore) proprio all’avvio del boom economico, quando i principi e la stabilità della vita sociale crollano. Per questo vediamo nel film la concezione rovesciata del matrimonio; non più come affermazione del soggetto e volontà di scendere a compromessi con il proprio partner, ma solo cinico sfruttamento dell’altro/a. Un discorso sui rapporti coniugali già proposto qualche anno prima da uno dei massimi capolavori della commedia del periodo, ossia Divorzio all’italiana di Pietro Germi. Ferreri riproporrà lo stesso tema anche nel film successivo, in maniera ancora più marcata e provocatoria: La donna scimmia, storia di un truffatore senza scrupoli che si ritrova a sposare, solo per convenienza, una ragazza coperta interamente di peli, sfruttandola come attrazione e fenomeno da baraccone. Anzi, a questo proposito, è possibile stabilire un parallelismo tra le due pellicole.

In una sequenza di Una storia moderna – L’ape regina, Regina racconta ad Alfonso la storia della Santa Protettrice delle ragazze, Santa Lia: la donna in questione si trovò davanti a due uomini che volevano approfittare di lei, e così ella invocò la Madonna affinché la potesse salvare. In quel momento, accadde qualcosa: sul viso della donna iniziarono a crescere dei peli che provocarono paura e disgusto ai due uomini a tal punto che essi decisero di andarsene e non abusare più di lei. Così, la donna fu salvata da un intervento divino e ritenuta Santa. Spostandoci ora al film successivo di Ferreri, il già citato La donna scimmia, ecco che ritorna, in un altro universo narrativo, la medesima figura: una donna ricoperta totalmente di peli che, figurativamente parlando, ricorda proprio la Santa nominata nel film precedente. Il punto di vista di Ferreri, quindi, risulta essere il medesimo e si palesa in entrambi i film: se nel primo la donna divenuta poi Santa sta per essere sfruttata per il piacere sessuale, nel secondo la donna scimmia viene sfruttata per una questione monetaria e di profitto. In entrambi i casi, c’è la voglia di soddisfazione del desiderio (fisico e materiale) da parte dell’individuo, tematica ricorrente con l’avvento del boom e della società dei consumi.

Ecco che, nonostante si tratti di due diversi film, l’idea di Ferreri risulta essere chiara: con la nuova società post-moderna definita dal capitalismo e dal consumismo, il matrimonio è il modo più semplice per assicurarsi qualcuno da poter sfruttare, con fini edonistici e personali. Avere qualcuno accanto per convenienza, o per riempire la propria vita inesistente (tratto tipico di quasi tutti i personaggi dei film di Ferreri), risulta essere una tendenza del secondo Novecento che fa da padrone all’individuo. In questo senso, Una storia moderna – L’ape regina pone subito quelli che sono i tratti tipici della poetica del regista milanese, che è caratterizzata spesso da una visione pessimistica (a volte, quasi apocalittica) dell’esistenzialismo e dei rapporti umani.

Forse proprio perché eccessivamente controverso e fuori dagli schemi rispetto ad altri grandi maestri del passato come Monicelli, Risi o Scola, Marco Ferreri risulta essere, molto spesso, accantonato o messo da parte nella cinematografia italiana. Impossibile da identificare in uno specifico genere cinematografico, sempre in bilico tra la commedia amara e il dramma farsesco, il cinema di Ferreri è qualcosa da dover necessariamente riscoprire, poiché Una storia moderna – L’ape regina è probabilmente l’inizio di carriera di uno dei più importanti e sottovalutati registi del nostro cinema.

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