Una sterminata domenica, recensione: la periferia romana come in un anime

Una sterminata domenica, recensione del film di Alain Parroni presentato a Venezia

Periferie in preda a un’estate afosa, il coro delle cicale, un ragazzo che sfreccia in moto sulle strade che portano al centro: visivamente Una sterminata domenica (trailer) potrebbe benissimo sembrare il live action di anime cyberpunk come Akira o Devilman Crybaby. Presentato alla ottantesima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, il film è il primo lungometraggio del regista romano Alain Parroni, che riesce a creare un universo di immagini e significati personalissimo e a farlo uscire dai confini geografici della città in cui la storia è ambientata.

In una Roma dai colori più nitidi e decisi del solito, ma soprattutto ai margini della grande città, si muovono i protagonisti della storia di Parroni, Alex (Enrico Bassetti), Brenda (Federica Valentini) e Kevin (Zackary Delmas). Durante il loro girovagare scopriamo che i tre ragazzi sono vincolati da un tacito patto di amicizia e complicità, e che Brenda è incinta di Alex. Quest’ultimo d’altra parte ambisce con un monologo iniziale al ruolo di protagonista, lo cede momentaneamente all’esuberanza di Kevin e all’imperturbabilità di Brenda per poi riconquistarlo sul finale con uno slancio melodrammatico.

Le affollatissime strade della capitale fagocitano i tre ragazzi che la attraversano come presenze fantasmagoriche. La grande città è schematica, incasella chi la abita in una routine precisa a cui i ragazzi fortunatamente sfuggono. La periferia, d’altro canto, ponendosi ai margini di questa grande macchina, è più rarefatta e autosufficiente: più ci si allontana dal centro vitale del corpo urbano più i movimenti acquisiscono naturalezza e spontaneità. Questa condizione però non è altro che un’arma a doppio taglio: nella loro libertà assoluta e nell’abbandono della periferia i tre pellegrini sono vincolati ad un logorante stato di noia e introspezione che ben presto li farà esplodere

La rappresentazione del girovago sembra essere un chiodo fisso per la nuova generazione di registi emergenti in Italia. Guardando alle produzioni più giovanili e sperimentali degli ultimi anni troviamo facilmente un fil rouge che lega tutti i protagonisti di questi film. I senzatetto di Bassifondi, il protagonista di Atlantide che attraversa la laguna col suo barchino, l’ubriacone di Re Granchio: tutti loro, in qualità di girovaghi, abitano la città e i suoi confini meglio di chiunque altro e ne sono quindi i custodi. D’altronde si sa che la funzione del custode si addice soprattutto a chi non ha un posto in cui tornare. Così Alex, Brenda e Kevin si aggirano indisturbati e con sguardo indagatore per una città che non li conosce, ne percorrono la periferia e riposano di giorno come gli spiritelli de La città incantata di Miyazaki.

Una sterminata domenica, recensione del film di Alain Parroni presentato a Venezia

Le interpretazioni dei tre giovani attori sono magnetiche, soprattutto quella di Zackary Delmas. La sua bellezza androgina e delicata stona con la mediocrità dei luoghi da lui abitati e combatte con il suo stesso spirito animalesco e desideroso di vita; le sue movenze sono quasi caricaturali e ricordano quelle teatrali di un personaggio d’animazione. A compensare l’irrequietezza di Delmas intervengono i corpi statici e silenti di Enrico Bassetti e Federica Valentini, che parlano con gli occhi e calibrano attentamente ogni gesto.

Il contrasto e la tendenza dei colori al giallo fanno pensare a un’atmosfera apocalittica. Per gli appassionati di animazione giapponese (Parroni stesso l’ha frequentata e studiata) è inevitabile il nesso visivo (e non solo) con l’anime Devilman Crybaby: i cieli gialli, il giovane protagonista Akira che sfreccia in moto sulle autostrade infinite della città, lo scenario apocalittico. Per non parlare dell’omonimo Akira, dal quale Parroni sembra trarre le nevrosi e il delirio finale di Alex, creando immagini psichedeliche che ricordano le atmosfere cyberpunk del film di Otomo.

Una sterminata domenica riesce a coniugare il citazionismo nei confronti di anime come Neon Genesis Evangelion e Akira con uno stile personalissimo che nasce dall’esperienza stessa di Parroni nella periferia romana. Spesso i racconti dei margini geografici e sociali di una città finiscono con l’appiattire una realtà già di per sé sterile ed avvilita, privandola della possibilità di un’alternativa dignitosa. Su Alex, Brenda e Kevin non c’è alcun marchio di fabbrica né data di scadenza, il loro destino non è irrevocabile, la loro condizione di vagabondi non li ha ancora destinati a nessun triste finale.

Una sterminata domenica è al cinema.

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