Stranger Things 4, la recensione del primo volume su Netflix

Stranger Things 4, recensione DassCinemag

“Ogni fine ha un inizio”: le parole che appaiono all’interno del primo trailer di Stranger Things 4 (qui il trailer finale) sono decisive, e riassumono molto bene gli intenti di Matt e Ross Duffer riguardo questa penultima stagione. Tornare alle origini, un obiettivo raggiunto solo parzialmente.

A raggiungere quota quattro, oltre al numero delle stagioni, è la quantità delle storyline dei personaggi, stavolta sparsi per il mondo: mentre Mike (Finn Wolfhard) raggiunge la famiglia Byers in California, i ragazzi rimasti ad Hawkins devono affrontare un nuovo nemico proveniente dal Sottosopra; e se Jim Hopper (David Harbour), catturato dai russi, si ritrova a dover evadere da una prigione di neve e acciaio, la trama che vede protagonista la sua figlia adottiva Undici (Millie Bobby Brown) gira attorno alla prigione mentale che le impedisce di riavere i suoi poteri e che la perseguita dal momento in cui è fuggita dal dottor Brenner (Matthew Modine).

Quest’ultima, che approfondisce e rivela interessanti retroscena riguardanti il passato della ragazza, è sicuramente la linea narrativa più ricca e piena di succose rivelazioni che faranno impazzire i fan della serie Netflix. Ciononostante, il cuore di Stranger Things è e rimarrà sempre la cittadina di Hawkins, teatro delle sequenze più emozionanti e divertenti della stagione; complice l’aggiunta al cast di Joseph Quinn nel ruolo dell’esageratissimo Eddie Munson e del fascino che aleggia attorno al nuovo villain Vecna (che, come i precedenti, si fregia di un nome tratto dal mondo di Dungeons & Dragons).

I fratelli Duffer decidono di virare verso un tipo di horror più psicologico rispetto al passato, che a tratti si avvicina gli stilemi di Stephen King. In quest’ottica, un avversario dotato di intelletto e che comunica direttamente coi protagonisti tramite le loro paure è senza dubbio una scelta vincente, sintomo però di quella che è la nota più stonata di questa sinfonia: della fascinazione e delle peculiarità che rendevano le prime stagioni una boccata d’aria fresca è rimasto molto poco. La terza stagione ovviava a questo progressivo allontanamento in maniera intelligente, puntando tutto su un’estetica estiva e luminosa che segnava un netto cambiamento, ma che si riconfermava altrettanto affascinante e “nuova”. Questa volta, invece, ci si muove in una zona di comfort, immersi in un’atmosfera che va ad assomigliare pericolosamente a quella dei vari prodotti teen horror dello stesso genere, come It o Fear Street a cui, paradossalmente, è stata proprio la serie Netflix ad aprire la strada negli ultimi anni; e certamente non aiuta il fatto che la maggior parte dei personaggi di contorno siano caratterizzati come dei cliché su gambe.

Stranger Things 4, recensione DassCinemag

Nonostante questo dispiacere, la scrittura degli episodi rimane di alto livello, i dialoghi vivacissimi e la nuova e – anch’essa – ingigantita durata degli episodi lascia maggiore respiro ad una schiera di personaggi sempre più fitta e che necessita del giusto minutaggio per evolversi (sebbene in alcuni episodi il ritmo fatichi a stare al passo). In particolare, molto spazio viene dedicato al personaggio di Max (Sadie Sink), protagonista di uno degli episodi più riusciti, nel quale vengono affrontati il tema della morte e del lutto.

E se i rapporti tra i personaggi continuano ad evolversi in maniera organica all’interno di un mondo narrativo sempre più dispersivo, l’età dei corrispettivi interpreti inizia a cozzare pericolosamente con la credibilità. Siamo da sempre abituati ad attori più che ventenni nei panni di ragazzi adolescenti, è un patto con la sospensione dell’incredulità che siamo disposti a siglare, ma in questo caso è il confronto col passato che rompe l’illusione – soprattutto se si decide di fare un binge watching dell’intera serie.

I riferimenti alla cultura pop anni ’80 (e al gioco di ruolo fantasy, soprattutto) si riconfermano una piacevole costante, nonostante il picco raggiunto dalla serie sotto questo punto di vista rimanga la stagione precedente. L’impressione che si ha è quella di un ridimensionamento quantitativo, a cui però fa da contrappeso un importante cameo proveniente dal mondo del cinema horror, che divertirà ed esalterà gli appassionati del genere.

La serie rimane uno dei gioielli di punta del colosso dello streaming, si lascia guardare con piacere e, nonostante sia meno brillante dei primi tre capitoli, Stranger Things 4 non lascia insoddisfatti. Il nuovo peso dato alla serie e la consapevolezza che questo sia solo il primo volume di quella che si preannuncia essere una stagione enorme, anzi, riescono ad intrigare e a trainare ancora una volta lo spettatore all’interno di questo affascinante mondo.

Dal 27 maggio su Netflix.

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