Sex education, la recensione della quarta stagione su Netflix

Sex Education, la recensione della quarta stagione

È sempre difficile salutare un amico, un’amica o una serie che ti accompagna per anni. Ancor di più quando la serie in questione cresce con i suoi spettatori che la iniziano a guardare al liceo e la finiscono che ormai sono all’università. Sex Education (trailer) è stata questo per molti. Uscita l’11 Gennaio 2019, oggi è definitivamente finita con la quarta stagione uscita lo scorso 21 settembre.

Coloratissima ed estroversa, l’ultima stagione di Sex education continua a portare alta la bandiera delle prime. Il protagonista, Otis (Asa Butterfield), come anche Meave (Emma Mackey) ed Eric (Ncuti Gatwa), è al primo anno di college e qui troviamo molti nuovi personaggi, salutando buona parte del cast secondario. Scelta sicuramente sensata, ma che in qualche modo nullifica quella affiliazione tipica delle stagioni precedenti. I primi episodi, infatti, sembrano dei nuovi inizi. La fine pare lontana e risulta difficile immaginare come si manifesterà. Si appesantisce la scrittura dei personaggi secondari che, molto spesso, per portare avanti problematiche sociali reali, semplicemente si fanno portavoce di un pensiero senza avere nessuna o poca profondità. Un grosso peccato, visto che uno dei punti di forza di questa serie è sempre stata la capacità di differenziare ogni personaggio nella sua sfera emotiva e psicologica. È vero, però, che il focus si è spostato sui personaggi più importanti, riuscendo a creare conflittualità all’interno degli stessi senza mai sfociare nel vano o esagerato.

la recensione della quarta e ultima stagione di Sex Education

Avvicinandosi agli episodi finali, il senso di chiusura ancora pare lontano e i discorsi diventano pieni zeppi di dialoghi motivanti e confronti emotivi, la trama si fa un po’ rada e si perde molta spontaneità. Personaggi come Jean (Gillian Anderson), la madre di Otis e Ruby (Mimi Keene) si riducono alla caricatura di loro stessi, perdendo molto della crescita avvenuta nelle stagioni precedenti e lasciando una sorta di amaro nelle interpretazioni. Rimangono di altissimo livello la fotografia ed i costumi, da sempre apprezzati, che danno quel tocco vagamente vintage alla serie, confermando un comparto tecnico eccellente che riesce a portare scene cinematografiche lì dove si sta parlando di una serie, prodotta e distribuita da una piattaforma di streaming. Sex education si riconferma comunque un prodotto modernissimo e contemporaneo.

Tralasciando un po’ quelle che erano le basi della “clinica del sesso” delle prime stagioni, la serie continua ad affrontare temi di vitale importanza per il target a cui si riferisce. Si esce dal semplice tema del sesso e ci si apre, con più insistenza, a parlare anche di relazioni familiari, rapporti di amicizia e della comunità LGBTQ+. Condividendo il target con Euphoria, serie di HBO, e con Big Mouth, serie animata prodotta e distribuita sempre da Netflix, Sex education riesce a differenziarsi grazie a quella colorata, quasi onirica, essenza che la circonda. Restando in qualche modo realistica, ma comunque contornata da un estetica libera e nebulosa, l’ultima stagione viene influenzata da elementi quasi fantastici, non necessariamente contestualizzati, che la sopraelevano dai temi a volte pesanti e drammatici. Certo è che alcune vicende risultano un po’ forzate, quasi di riempimento, soprattutto quelle che riguardano Viv (Chinenye Ezeudu). La volontà di esplorare il tema dei rapporti abusivi viene trattata con superficialità, senza grande immedesimazione e buttata lì, lasciata al caso.

In conclusione, l’ultima stagione di Sex education si chiude con una certa serenità. Alcune cose si aggiustano, altre sono in corso e altre ancora ormai si sono spezzate. Un perfetto connubio di realtà e poetica sognante. Certo, l’amaro di lasciare personaggi che si sono visti crescere, ormai dei giovani adulti con nuove prospettive e nuove vite, rimane sempre. Non bisogna scordarsi, però, che le storie belle ed indimenticabili, sono proprio quelle che ad un certo punto terminano, che portano malinconia a ripensarci. In ciò Sex education è riuscita inevitabilmente a colpire nel segno, chiudendo al momento giusto senza farsi trascinare dalla voglia di sfruttare al massimo la grande fetta di pubblico che è riuscita a conquistare negli anni.

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