Le fate ignoranti, la recensione della serie su Disney+

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Approda su Disney+ l’atteso ritorno di Ferzan Özpetek con Le fate ignoranti (trailer), serie ispirata al suo omonimo film del 2001. La serie non si propone come un reboot del suo predecessore ormai 21enne, ma come una più attenta ed espansa analisi dell’universo narrativo del suo stesso soggetto, all’interno del quale il regista, complice l’ora più esteso tempo narrativo, ha la possibilità di intrecciare più fili ed approfondire la psiche, la vita e i segreti dei suoi personaggi.

Il lavoro del regista turco narra di una tanto triste quanto bizzarra vicenda che vede protagonisti personaggi ironici, emotivi e autentici sullo sfondo di due capitali: la prima, una Roma borghese e la sua upper-middle class; la seconda, una Roma alternativa e creativa. Il personaggio di Antonia (Cristiana Capotondi) legato alla prima, è adornato dal costumista da colori neutri; Michele (Eduardo Scarpetta) e i suoi amici, invece, sono una variegata esplosione di sfumature. I loro due mondi sono inaspettatamente pronti a fondersi, attingendo l’uno a quello dell’altra.

Ferzan Özpetek, con il suo proverbiale tocco emozionale, insegna come l’animo umano sia caratterizzato da infinite e sconosciute sfaccettature e che, in una visione socratica, «il viso di colui che guarda un occhio appare nell’occhio di colui che sta di fronte come in uno specchio». Antonia, distrutta dalla perdita di suo marito Massimo (Luca Argentero), si trova a scavare nella sua vita alla scoperta di sorprendenti risvolti che la porteranno ad incontrare Michele e i suoi amici: un gruppo originale, multiculturale ed eterogeneo che si riunisce a casa di quest’ultimo come in una comune, in cui ognuno di loro contribuisce con il proprio singolare ed eccentrico carattere. La casa di Michele, centro nevralgico della storia, riunisce persone ed anime legate fra loro con fili invisibili ed è il palcoscenico su cui viene squarciato il velo delle verità nascoste

Quello che vivono Antonia e Michele sembra essere un racconto onirico in cui ogni confine appare sfumato: l’odio è amore, l’amore è odio. Lo sguardo di entrambi sulla vita dell’uomo che credevano di conoscere è un viaggio tra magia e realtà. In delle situazioni talmente assurde da sembrare reali, i personaggi convergono in un solo cammino: quello di accettazione verso se stessi, lasciando andare chi erano o chi credevano di essere. In un momento di straniamento, interpellando il pubblico con lo sguardo in macchina, Massimo stesso dirà, citando il galeotto poeta Hikmet, «il più bello dei mari è quello che non navigammo. È il viaggio dentro noi stessi quello più bello, ma anche il più difficile». 

La colonna sonora unisce cultura italiana (tra cui la sigla della serie, cantata da Mina) e motivi dal sapore mediorientale, con rimandi alla speziate, vive e avvolgenti origini del regista. Quello di Ferzan Özpetek è un inno alla vita, a cui fa brindare anche i suoi protagonisti. Una vita, quella dei personaggi, in cui si è pronti a mettere in discussione tutto; in cui amore, esoterismo, sensualità e rinascita sono la stessa cosa. 

Le fate ignoranti sa di malinconia, di sole, di ritorni, di primavera, di colori chiassosi e di amicizia. Oggi, come ventun anni fa, entra nel cuore di chi guarda, regalando sensazioni sempiterne e universali. 

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