Nemico pubblico di William A. Wellman: quando il gangster movie compie 90 anni

All’alba del proibizionismo, gli irlandesi Tom Powers (James Cagney) e Matt Doyle (Edward Woods) crescono secondo le leggi della delinquenza nella Chicago criminale degli anni Dieci, intraprendendo il commercio illegale di birra assieme alla gang di Samuel “Nails” Nathan (Leslie Fanton).

Nemico pubblico (The Public Enemy, 1931) è uno dei primi gangster movie, diretto dal regista William A. Wellman per la Warner Bros. Pictures. La sceneggiatura di John Bright e Kubec Glasmon, ispirata al racconto Beer and Blood, riprende gli exploit della North Side Gang, l’organizzazione criminale irlandese-americana che nel 1919 si affacciò sulla scena malavitosa di Chicago rivaleggiando con il gangsterismo di Al Capone. Il gangster movie, difatti, nacque negli anni Trenta come riflesso della sua era dalla sintesi di mito, sociologia e attualità.

«Una strana, folle storia dalle pagine della vita, […] sorprendente nel suo realismo», avvisa il trailer: non c’è da stupirsi, dunque, se in patria e oltreoceano le opinioni furono tra le più divergenti. Nemico pubblico, assieme agli arcinoti Scarface (r. Howard Haws, 1932) e Little Caesar (r. Mervyn LeRoy, 1931), finì nel mirino della censura fascista, che condannava l’interpretazione dell’italianità nel gangster movie della prima ondata in toto. Accadde l’opposto, invece, nel paese d’origine: nel 1935 il film venne aggiunto alla Film Library del MoMa di New York e nel 1998 alla Library of Congress degli Stati Uniti d’America in quanto «culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo».

Tom Powers, l’anti-eroe del gangster movie

La Grande Depressione a cavallo tra gli anni Venti e gli anni Trenta rivelò la contraddittoria posizione riguardo la corruzione di Hollywood, che tollerava la delinquenza su pellicola in quanto resoconto della degenerazione civica nonché capro espiatorio dell’antiproibizionismo. Tuttavia, pur etichettando il film di Wellman come «un deterrente, non un incentivo, al comportamento criminale»[1], la casa cinematografica non riuscì a persuadere la critica, che dal canto suo incolpò Nemico publico et similia di dotare i gangster di romanticismo e glamour.

Tuttavia, a differenza di Little Caesar o Scarface, Nemico pubblico non narra l’acquisizione, l’esercizio ed eventualmente la perdita di potere da parte di un “boss”. Pur condividendo con i protagonisti dei titoli succitati la fascinazione per le camicie di seta e per le Rolls Royce, Tom Powers non è ossessionato dalla volontà di «diventare qualcuno». Tommy è fondamentalmente un teppista che se l’è cavata finché la fortuna non ha smesso di arridergli, rimanendo, fino alla fine, un subordinato. Alla sua uscita, il lunatico contrabbandiere coinvolse facilmente il pubblico maschile malavitoso e la sua semplice eppure tormentata emotività fu un buon presupposto perché si rendesse necessario accelerare il processo di attuazione del Codice Hays, che pochi anni dopo entrò in vigore dettando le regole morali delle produzioni hollywoodiane.

L’iconico Tom Powers, oltre ad ereditare la personalità del boss della North Side Gang Earl “Hymie” Weiss, incarna i canoni estetici hollywoodiani dell’“irlandese” dai capelli rossi e dal temperamento vivace. E chi poteva essere «quello giusto» se non James Cagney, figlio di un taverniere esule dall’Irlanda, di famiglia povera e habitué delle risse in strada[2]. Già noto per alcuni ruoli di giocatori d’azzardo e criminali d’ogni sorta, secondo il critico Roger Ebert Cagney, nei panni di Tom Powers, diede vita al primo vero anti-eroe della storia del cinema, colui che vive sul filo del rasoio sullo sfondo della vita urbana, tra soldi e sparatorie, perennemente sospettato ma mai condannato.

Nemico pubblico: un dramma psicologico

Tom Powers è anche l’incarnazione del conflitto tra gli immigrati di prima generazione e il processo di americanizzazione della seconda. Il fratello Mike (Donald Cook), ereditario del moralità vittoriano paterna, impedisce la già precaria armonia familiare, proteggendo l’ingenua madre dai soldi “insanguinati” donatile da Tommy. Dal canto suo Tommy crede che egli si stia affannando negli studi per «imparare a diventare povero». Invero, Tommy tenta la trasformazione in un nouveau riche, ma senza mai riuscire a separarsi dal ragazzo che abita dentro di lui.

Il motto di Nemico pubblico è che «bisogna avere degli amici»: pur personificando il teppista ben vestito e americano, i suoi obblighi in quanto membro di una comunità vincono sul rispetto dei paradigmi del tough guy. Tom Powers viene colpito a morte mentre cerca la vendetta per il suo amico d’infanzia, e si accascia a terra affermando «I ain’t so tough after all». Ciononostante, Tom ci appare come un asociale instabile che ostenta il disinteresse per qualsiasi rapporto umano, incapace di gesti gentili persino con l’amata madre, che saluta sempre con un pugno leggero sulla spalla. La sua volubilità e la devozione al business traspare, infatti, soprattutto nei rapporti con le donne, come prodotto di un danno sociale e forse di un innato astio verso il gentil sesso.

Incapace, dice l’amico Matt, di essere un «tipo da matrimonio», Tommy considera le donne come un mezzo tramite cui sfoggiare i nuovi beni materiali acquisiti. Il conflitto con i tentativi di domesticità di Kitty (Mae Clark) si concretizza nell’iconico gesto di Tommy che schiaccia un pompelmo sul volto della ragazza durante una discussione a tavola sulla più o meno salubrità del bere birra a colazione.[3] Dunque, non appena Kitty inizia a «dargli sui nervi», Tommy opta per un “esemplare” più lussuoso, ovvero la texana Gwen (Jean Harlow), che lo seduce e coccola sulla eco di “I Surrender Dear” di Bing Crosby alla radio. Ma anche quest’opportunità sociale ed eventualmente sessuale rimane inconclusa: Matt irrompe recando la notizia della morte di Nathan, e Tommy, un tipo dal grilletto facile, si getta a capofitto nella sua prossima missione, ovvero vendicare il boss sparando al cavallo dal quale era fatalmente caduto.

I gangster sfoggiano una brutalità tale da renderli dei “mostri” ai nostri occhi quanto i loro coetanei protagonisti dell’horror, genere emergente nel cinema statunitense degli anni Trenta. Non è un caso se Tom Powers viene riportato a casa mummificato, anticipando la prima vera e propria “mummia” che di lì a un anno sarebbe apparsa sul grande schermo in The Mummy (r. Karl Freund, 1932). A decenni di distanza, la disumanità dell’ultima scena viene riproposta nella serie The Sopranos (HBO, 1999-2007) tenendo conto di un Tommy più umano: Tony Soprano si commuove guardando Nemico pubblico, desiderando di ricevere dalla madre anaffettiva lo stesso amore che la signora Powers manifesta per il figlio, soprattutto negli ultimi, patetici, istanti del film. Tommy non muore solo ma sull’uscio di casa, senza aver fatto in tempo ad ottenere il consenso della sua famiglia e della sua comunità.

SITOGRAFIA

Gangster italiani: Scarface & co., in Italia Taglia. Progetto di ricerca sulla censura cinematografica in Italia, in italiataglia.it;

The Public Enemy (1931), Filmsite Movie Review, in filmsite.org;

The Public Enemy (1931), in AFI Catalog of Feature Films, The First 100 Years 1893-1993, in catalog.afi.org;

Michael Gray, Those Bad-Tempered, Redhaired Celts, «Cinéaste», 1999, XXIV, nn. 2/3, Cineaste Publishers, Inc., p. 35;

Richard Maltby, The Public Enemy, in sensesofcinema.com,2003;

Andrew Sarris, BIG FUNERALS: The Hollywood Gangster, 1927-1933, «Film Comment», maggio-giugno 1977, XIII, n. 3, Film Society of Lincoln Center, pp. 6-9;

Christopher Shannon, Public Enemies, Local Heroes: The Irish-America Gangster Film in Classic Hollywood Cinema, «New Hibernia Review», inverno 2005, IX, n. 4, University of St. Thomas (Center for Irish Studies), pp. 48-64;

Grant Tracey, “Let’s Go Places With Jimmy” James Cagney as 1930s Immigrant Icon, «Journal of Film and Video», inverno 1998-1999, L, n. 4, University of Illinois Press, pp. 3-17;

Matt Zoller Seitz, 30 Minutes on: “The Public Enemy” (1931), in Rogerebert.com, 11 gennaio 2019.


[1] Il film è introdotto e concluso da due cartelli moralizzanti: «It is the intention of the authors of The Public Enemy to honestly depict an environment that exists today in a certain strata of American life, rather than to glorify the hoodlum or the criminal»; «The end of Tom Powers is the end of every hoodlum. ‘The Public Enemy’ is, not a man, nor is it a character – it is a problem that sooner or later we, the public, must solve».

[2] Inizialmente, il ruolo di Tommy era stato affidato a Woods e viceversa: «We’ve made a frightful mistake. We’ve got the wrong man playing the wrong part. This Cagney is the guy», in Scott Eyman, intervista di “Wild Bill”: William A. Wellman: Continuation, «Film Comment».

[3] Diverse sono le ipotesi a riguardo, forse un suggerimento di Wellman, un’idea di Cagney o una citazione di un gesto per cui Weiss era noto.

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