Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, la recensione: un fantasy già visto

Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, la recensione: un fantasy già visto

Trasporre in altra sede un prodotto di culto pensato per la gamification del pubblico non è mai impresa semplice. Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri (trailer) – nato dal gioco di ruolo fantasy creato da Gary Gygaz e Dave Arneson nel 1974 – afferra i guantoni da sfida e si getta nella fossa, quella della competizione filmica. Le percentuali di rischio sono elevatissime, vista la necessità di soddisfare il neofita e il gamer di vecchia data, le cui aspettative in merito potrebbero rimaner deluse da un’inefficace definizione del worldbuilding di partenza. 

Ne sono ben consapevoli i registi Jonathan Goldstein e John Francis Daley, la cui opera filmica abbraccia lo spirito dell’universo finzionale di D&D, non limitandosi ad un adattamento di una campagna preesistente: il risultato dovrebbe essere un prodotto universalmente fruibile. L’ ennesima trasposizione del gioco – sono in tanti ad averci provato in passato, da Dungeons & Dragons – Che il gioco abbia inizio nel 2000 a La leggenda di Vox Machina, serie animata statunitense del 2022 disponibile su Prime Video – sarà riuscita nel duplice intento di scongiurare l’hating del gamer e la noia del neofita?  

Stando alla struttura narrativa, Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri pecca di originalità, complice il rischio di confondere lo spettatore comune o peggio di investirlo di informazioni difficilmente digeribili in sole due ore di visione. La storia è ambientata in un medioevo abitato da druidi, arpisti, ladri e stregoni alle prese con principesse da liberare e minacce oscure da debellare. Il percorso dei protagonisti, seppur lineare, non introduce nulla di nuovo al tipico viaggio dell’eroe tanto caro agli sceneggiatori americani, in un’escalation di eventi che parte dal raggruppamento di un’equipe di esperti pronta all’attacco fino all’eliminazione finale del nemico.

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Un pastiche un po’ confuso, ricco di citazionismi più o meno espliciti nel rapporto tra la barbara Holga (Michelle Rodriguez) e un’improbabile Bradley Cooper nel ruolo del suo piccolo – letteralmente – amante che riporta alla memoria il mondo magico di Ella Enchanted, o nella riproposizione di un mago oscuro che minaccia di trasformare gli abitanti di Neverwinter in un esercito di non morti. Il riferimento visivo ai night walkers di Game of Thrones è immediato. Una terra di mezzo senz’anima, in cui la caratterizzazione macchiettistica dei personaggi, sebbene ben riuscita nel contesto del comedy action, impedisce allo spettatore di approfondirne la conoscenza, di empatizzare con gli sviluppi del plot, spesso scarico e ridondante. 

Una bella storia, ma di cui lo spettatore non ricorderà nulla, una volta uscito dal buio della sala. Destreggiarsi nel terreno del fantasy può rilevarsi un’arma a doppio taglio. I veri competitors rimangono i grandi protagonisti della narrazione finzionale di genere, dagli hobbit de Il signore degli Anelli alle casate di Westeros. Ma allora cosa dovrebbe indurre lo spettatore a guardare questo film? La strategia promozionale legata alla distribuzione di Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri è astuta: ha saputo sfruttare il prestigio di un marchio altamente brandizzato e di culto, soprattutto dopo il successo di Stranger Things  – serie televisiva ambientata negli anni 80’ e disponibile su Netflix, i cui protagonisti sono esperti giocatori di D&D

Ed ecco che arriva l’artiglieria pesante: il belloccio della prima stagione di Bridgerton – l’ultimo gioiellino di Shonda Rhimes – Regé-Jean Page, onnipresente in copertina e nei teaser trailer del film, che fa presagire ai pubblici spettatori una partecipazione corposa. L’ amante focoso si limita ad una comparsata di circa quaranta minuti, su due ore totali, dando luogo ad un’interpretazione decisamente discutibile, ai limiti del grottesco. Il divismo del cast poteva rivelarsi un efficace catalizzatore di attenzioni – con Hugh Grant nel ruolo del cattivo truffatore e Chris Pine nei panni del ladro dal cuore d’oro – ma la complessità narrativa lascia desiderare. 

Tornando al quesito iniziale, Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri si rivela un prodotto fallace – fatta eccezione per la componente umoristica che permea l’intera struttura – e di scarsa iconicità: il neofita non si lascerà impressionare dall’ennesimo caso fantasy scarsamente caratterizzato e il gamer ne rimarrà frustrato, se non scosso. Il materializzarsi sullo schermo di una storia solo immaginata dai giocatori non restituisce un senso di sincera gratificazione. Più interessante sarebbe stata un’ipotesi traspositiva alla Jumanji, con i giocatori risucchiati in un universo che credevano non potesse esistere. Ma ormai il dado è tratto, e sarebbe meglio limitarsi a lanciarlo su una tavola da gioco. 

Dungeons & Dragons – L’ onore dei ladri è al cinema dal 29 marzo. 

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