DCEU: folle storia di un famigerato franchise

Approfondimento DCEU

Durante la fase di scrittura de Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno, nel 2010, Christopher Nolan e lo sceneggiatore David Goyer hanno un’intuizione: perché non replicare la formula dark e realistica che si era rivelata vincente con la trilogia su Batman, anche con una delle icone più famose nella storia DC e in tutta la cultura pop?

È così che Nolan propone l’idea di un nuovo film su Superman alla Warner Bros, che la apprezza e incarica lo stesso di produrre il film e Goyer di scriverlo. Il regista inglese sceglie Zack Snyder, al tempo una delle nuove promesse del cinema blockbuster hollywoodiano dopo i successi dei discussi 300 e Watchmen, per girare il film. Il suo stile decisamente personale e controverso è in continuità con il taglio che Nolan aveva apportato ai cinecomics con la trilogia sul Cavaliere Oscuro, raffigurante un supereroe tormentato ed in crisi in un mondo moderno e reale: anche Snyder, infatti, con un’estetica da videoclip desaturata e barocca, avrebbe preso molto più sul serio il genere rispetto a come era abitudine fare fino a quel momento  

Nel giugno del 2013 esce negli Stati Uniti L’Uomo d’Acciaio e, a fronte di un budget di 225 milioni di dollari, ne incassa 668, dimostrandosi un successo globale. Questo fa pensare alla Warner di lanciare quell’universo condiviso DC sul modello dell’MCU, Marvel Cinematic Universe, (nel 2012 era già uscito The Avengers, record di incassi con 1 miliardo e 520 milioni di dollari) che da tempo era nelle idee dei produttori. Dopo vari tentativi fallimentari di espandere i confini degli stand-alone ed unire i supereroi di casa DC (ricordiamo i progetti mai andati in porto del Batman vs Superman di Wolfgang Petersen o il Justice League Mortal di George Miller, o ancora il fiasco di Lanterna Verde di Martin Campbell), questa sembra l’occasione giusta per intraprendere questo percorso.

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Un mese dopo l’uscita del film, sulle ali dell’entusiasmo generale, viene annunciato al ComicCon di San Diego un sequel in cui sarebbe comparso anche un nuovo Batman e che avrebbe gettato le basi per un universo condiviso e per la formazione della Justice League, il supergruppo fumettistico di casa DC. Questo disegno si concretizza ufficialmente nell’ottobre del 2014, quando l’allora CEO della Warner Bros Kevin Tsujihara rivela i dieci film pianificati per gli anni successivi che sarebbero andati a comporre il franchise. Snyder avrà un ruolo centrale in questo progetto, non solo come regista ma anche come produttore esecutivo, plasmandolo, secondo il suo stile e la sua poetica di decostruzione mitologica dei superumani, figure decadenti di fronte alla perdita dei valori di un’umanità che ne ha paura.  Ma l’ottimismo che permea la Warner i primi anni dura poco, ed è destinato a lasciare il posto ad ombre nefaste e tempi molto bui, da cui probabilmente mai riuscirà a riprendersi.  

Nel 2016 esce il tanto atteso Batman v Superman: Dawn of Justice, che porta sulle spalle il peso di tante aspettative. È una prima diretta sfida ai concorrenti Marvel, un grande film-evento che non si limita a unire i due supereroi più iconici di tutti i tempi per la prima volta in uno scontro epico, ma intende introdurre personaggi topici dei fumetti DC come Wonder Woman, Flash e Lex Luthor. Dopo una trionfale settimana d’esordio nel marzo 2016, in cui arriva a guadagnare ben 166 milioni al box office statunitense, al termine della sua corsa ottiene “solo” 863 milioni in tutto il mondo, una cifra ampiamente deludente per un film che avrebbe dovuto spaccare il botteghino e superare abbondantemente il miliardo. Basti pensare al concorrente scontro tra i due eroi di punta Marvel,Capitan America: Civil War, che qualche mese dopo incasserà globalmente 1 miliardo e 153 milioni di dollari, a partire dallo stesso budget del film DC(250 milioni).

La critica è estremamente dura con il film e la visione di Snyder viene bocciata quasi all’unanimità: è il fallimento di un progetto appena iniziato, come dimostrano le numerose recensioni negative e la sfiducia generale verso il futuro della DC. Persino sui social non tira una buona aria, tra la viralità di meme derisori (come dimenticare il famigerato <<Martha>> o i video di un Ben Affleck triste alle interviste con The Sound Of Silence di Simon and Garfunkel in sottofondo) e fan delusi. Qualche anno dopo, a proposito della pessima ricezione del suo film più divisivo, Snyder (che di film divisivi se ne intende) avrà modo di dire, con ostinato orgoglio, che le motivazioni dell’insuccesso del film sarebbero da addurre alla superficialità di un pubblico incapace di apprezzare <<un film supereroistico radicalmente decostruttivista, profondamente stratificato […] a cui devi prestare molta attenzione>>, in cui gli eroi <<combattono di notte>>. Una dura critica agli spettatori che, però, non tiene conto di una serie di fattori che hanno contribuito al flop e che saranno una costante nel disegno DC.

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Dopo un solo film, infatti, la Warner aveva provato a replicare la formula Marvel, che dal 2008 era stata costruita come una macchina perfetta, in grado di introdurre i personaggi e di farli entrare nei cuori del pubblico nel corso del tempo. Snyder ed i suoi collaboratori, trovatisi ad inseguire questo modello per cavalcare l’onda del suo successo, non avevano considerato questa fondamentale programmaticità, lasciandosi travolgere dalla miope fretta di creare sin da subito il proprio film-evento. È così che il Batman di Ben Affleck, sviluppato troppo repentinamente ed in maniera confusa, divide il pubblico; il Superman di Henry Cavill, solamente alla seconda apparizione esce di scena senza scaldare particolarmente gli spettatori; ed infine la Wonder Woman di Gal Gadot ed i vari cameo di Flash, Cyborg e Aquaman appaiono forzati e pretestuosi, mettendo in un frullatore ciò che la “Casa delle Idee” aveva assemblato con pazienza e oculatezza. 

In risposta a questo insuccesso, scoppia il primo dei tanti terremoti in casa DC. La Warner, per avere un controllo più diretto sul progetto, dà vita alla branca interna della DC Films, con a capo Geoff Johns e Jon Berg: i due si fanno fin da subito portatori del compito di indirizzare i film successivi in una direzione più leggera, spensierata e divertente, sulla scia della Marvel, in netto contrasto con gli iniziali cinecomics dark. Se con Suicide Squad (2016) e Wonder Woman (2017) i due CEO riescono a lavorare sottotraccia aggiungendo maggior umorismo e distensione nelle sceneggiature (e Snyder ha ancora un ruolo creativo piuttosto rilevante, venendo accreditato entrambe le volte nei titoli di coda come produttore), è con Justice League (2017) che le cose cambiano radicalmente. 

Con questo film torna di nuovo alla regia Zack Snyder, ma la Warner è categorica: stavolta è necessario superare il miliardo di incassi e il CEO Tsujihara non ha più la stessa fiducia nel regista di qualche anno prima. Per questo, invia Johns e Berg a sorvegliare costantemente il suo operato sul set, controllando che il film segua le nuove direttive senza ostacoli (Berg dichiarerà di aver agito solo come mediatore tra gli ordini dall’alto e la visione registica, in modo rispettoso e senza voler compromettere la buona riuscita del tutto). Snyder, ben conscio di questo controllo (anni dopo parlerà di <<babysit>>), lo accetta silenziosamente nonostante alcune limitazioni.  

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In questo periodo, Geoff Johns stava lavorando alla sceneggiatura di Batgirl con niente di meno che Joss Whedon, regista dei primi due film della serie Avengers. Una volta emerse le prime divergenze degli studios con il Justice League di Snyder, Whedon viene chiamato per correggere il tiro del film, riscrivendo alcune scene secondo lo stile che aveva contraddistinto i suoi più famosi successi. Dopo un primo momento di fiducia da parte di Snyder (<<Pensavo che magari potesse scrivere alcune scene fighe. Pensavo che sarebbe stato divertente>>), è stato presto chiaro quanto margine di manovra la Warner avesse affidato a Whedon, libero di rigirare alcune sequenze e dirigerne di nuove senza consultare minimamente il regista di Batman v Superman. In mezzo allo sconforto crescente, una tragedia pone fine a questa situazione: Autumn, la giovane figlia di Zack e Deborah Snyder, si toglie la vita, e il regista decide di abbandonare definitivamente il progetto. 

La versione di Justice League uscita nel 2017, pesantemente rimaneggiata dall’ex campione d’incassi con la Marvel è, però, un altro clamoroso fiasco: il film che riunisce i sei eroi più forti del pianeta delude la critica e guadagna appena 657 milioni globali al botteghino, a fronte di un mastodontico budget di 300 milioni (a cui vanno aggiunti i 150 legati alla promozione e i 25 dedicati ai reshoot).  

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La DC fallisce ancora nel momento più importante, uscendo di nuovo con le ossa rotte dal confronto con la Marvel (Avengers: Infinity War, uscito alcuni mesi dopo, supera i 2 miliardi di dollari nel mondo): i due CEO della DC Films Geoff Johns e Jon Berg si dimettono, e al loro posto arriva Walter Hamada, che prosegue sulla strada di una maggiore leggerezza ma concentrando l’attenzione sui film dedicati ai personaggi singoli. Questa via si rivela la più giusta: Aquaman (2018), scanzonato e avventuroso, raggiunge l’agognato miliardo con 200 milioni di budget; Shazam (2019) ottiene un buon riscontro di critica ed un soddisfacente risultato al box office; Joker (2019) e The Batman (2022) ottengono clamorosi successi di critica e pubblico, distaccandosi completamente dall’universo condiviso e utilizzando un approccio più adulto e autoriale.  Il 2018, però, nonostante l’insediamento di Hamada e il miliardo di Aquaman, è solo apparentemente un anno di ripartenza. Gli strascichi della disastrosa debacle di Justice League tornano a farsi sentire. 

I fan più accaniti di Zack Snyder fanno diventare virale sui social l’hashtag #releasethesnydercut, con cui richiedono a gran voce la versione del film originariamente voluta e girata dall’autore. Questa rivolta popolare viene appoggiata anche da alcuni membri del cast: Affleck e Gadot ricondividono l’hashtag e Fisher, nel 2020, accusa Whedon di condotta inappropriata sul set, seguito a ruota dagli interpreti di Wonder Woman e Aquaman. Dopo una lunga campagna a favore della director’s cut e di nuovi reshoot, nel 2021, la Warner lancia sulla sua nuova piattaforma streaming HBO Max la tanto chiacchierata Zack Snyder’s Justice League, lunga quattro ore, uscita in due versioni compresa una in bianco e nero e con un provocatorio formato 4:3, rispettando fedelmente la visione iniziale del regista. A seguito dell’enorme apprezzamento da parte dei fan, questi inizieranno anche a chiedere di riprendere i piani che il regista aveva in mente per il franchise attraverso l’hashtag #restorethesnyderverse.  

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Nel 2018, però, accade anche un altro evento di svolta, che riguarda un altro regista in arrivo dalla casa concorrente: James Gunn, autore dei due irriverenti Guardiani della Galassia, viene licenziato dalla Marvel per via di alcuni discutibili tweet di anni prima. La DC Films non si lascia scappare l’occasione e lo ingaggia per il sequel del criticatissimo Suicide Squad, inizialmente destinato a Gavin O’Connor. The Suicide Squad esce nel 2021, nello sfortunato periodo pandemico, motivo per cui crolla dal punto di vista economico (ottiene 168 milioni su un budget di 185), similmente a Birds of Prey (2020) e Wonder Woman 1984 (2020).Stavolta, però, ci troviamo davanti ad uno straordinario successo di critica, il più apprezzato di tutta la storia del franchise. Successo enormemente dovuto all’abilità di Gunn, che non verrà presto dimenticata.

Arriviamo all’aprile 2022 per assistere a un altro scossone nella vicenda DC: la Warnermedia si fonde con Discovery, Inc. per dare vita alla WarnerBros Discovery. Il nuovo CEO al comando è David Zaslav, metodico uomo d’affari che ha intenzione di riassestare la situazione privilegiando le theatrical cut ed eliminando tutto ciò che sarebbe stato d’intralcio al suo progetto a lungo termine, cercando non di sfidare ma imitare il disegno Marvel. La prima fase del suo mandato è notevolmente turbolenta: Dwayne “The Rock” Johnson, protagonista del nuovo Black Adam in arrivo nel 2022, ha sempre più velleità dirigenziali e sogna di prendere in mano le redini del franchise, forte della sua potenza mediatica; il film, però, è un altro clamoroso fallimento al botteghino (incassa solo 393 milioni a fronte di 195 di partenza) ed i piani della stella hollywoodiana vanno in fumo.   Nello stesso periodo, l’interprete di Flash, Ezra Miller, a seguito del compimento di una serie di crimini dovuti alla sua instabilità mentale, viene ricercato e arrestato dalle autorità statunitensi, rischiando di compromettere il film che lo vedeva protagonista, in uscita l’anno seguente.  

Black Adam recensione

Un altro scandalo colpisce poi un membro del cast principale: Amber Heard, l’interprete di Mera in Aquaman e Justice League, viene coinvolta nel processo legale contro Johnny Depp, che le lascia una pesante macchia sulla sua immagine pubblica. Hamada dichiarerà di aver pensato di sostituirla nel sequel di Aquaman, ma non per questioni extra-set, ma esclusivamente per la mancanza di alchimia con il protagonista Jason Momoa. Una petizione online per rimuoverla viene firmata da oltre 4 milioni di persone, ma non ha effetto sulle decisioni dei vertici DC Films.  

Ma la goccia che fa traboccare il vaso e che porta la DC ad un ulteriore terremoto interno è un’altra. Agosto 2022: dopo la fine delle riprese, Batgirl, iniziato anni prima sotto un altro presidente (ricordate Geoff Johns e Joss Whedon?), per cui erano già stati stanziati ben 90 milioni di dollari, viene cancellato improvvisamente da David Zaslav, a causa della sua destinazione programmata sulla piattaforma streaming HBO Max che cozzava con la preminenza delle sale nel nuovo corso Warner-Discovery. Hamada, dopo una progressiva perdita di importanza nelle decisioni prese dai piani alti, non viene consultato per questa drastica scelta e decide di dimettersi.  Ecco allora che Zaslav, nell’ottobre 2022, rinomina la DC Films in DC Studios e nomina CEO James Gunn (ricordate l’impatto che aveva avuto con The Suicide Squad?) e Peter Safran, per far ripartire da zero questo travagliato e quasi maledetto universo, secondo una sistematica e intelligente pianificazione in fasi sul modello, al solito, dei cugini Marvel. A gennaio 2023, Gunn, che da subito cerca di mantenere un approccio comunicativo diretto e vicino ai fan, li rassicura sulla serietà del progetto e sull’autonomia creativa che verrà lasciata ai registi, liberi come non mai dalle interferenze degli studios.

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Forse Gunn è la figura più vicina (almeno idealmente, per ora) a quel Kevin Feige che tante proprietà precedenti della DC avevano cercato invano, in varie personalità come Snyder, Johns o Hamada. Il regista di Guardiani della Galassia sa come parlare all’appassionato di fumetti, mantenendo una solida credibilità per i suoi successi all’interno di una grande società come la Disney, che non ha mai risucchiato il suo impeto creativo e spiccatamente autoriale. Una guida carismatica come lui, già intento a scrivere la sceneggiatura di un nuovo film su Superman (Superman: Legacy, in arrivo nel 2025), ha decisamente tutte le carte in regola per rimettere in sesto il franchise e portare a casa grandi trionfi di pubblico e critica. In questo sarà aiutato senza dubbio dal soft-reboot operato da The Flash (2023), con cui anche narrativamente la DC si allaccia direttamente ai film della fase uno del nuovo progetto Gunn-Safran, nonostante per la conclusione ufficiale del vecchio mandato sia necessario aspettare Blue Beetle e Aquaman: The Lost Kingdom, in uscita nel 2023. 

Sarà questa la volta buona per ingranare la marcia e partire davvero? Non resta che aspettare ed andare al cinema per vederlo. 

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