The Flash, la recensione: meglio tardi che mai

The Flash, la recensione

Un po’ come il suo protagonista, sempre in ritardo a lavoro e nella vita, così anche The Flash (trailer) di Andy Muschietti arriva finalmente al cinema il 15 giugno dopo anni e anni di continui ritardi e rinvii. La tredicesima pellicola del DC Extended Universe vede finalmente la luce del sole dopo una storia produttiva iniziata addirittura negli anni ’80, con i primi tentativi di portare sul grande schermo il personaggio di Barry Allen e conclusa solo nel 2020 con il coinvolgimento del regista argentino già conosciuto per aver diretto film horror come La Madre ed i due capitoli di It del 2019. Fortunatamente, il suo quarto lungometraggio non si è rivelato una storia dell’orrore.

Barry Allen(Ezra Miller) è ormai a tutti gli effetti un membro della Justice League, costantemente diviso tra le sue responsabilità di supereroe ed una vita talmente incasinata e frenetica al punto che spesso nemmeno la supervelocità gli consente di tenere il passo. Suo padre (Ron Livingston), infatti, accusato di aver ucciso sua madre quando Barry era ancora solo un bambino, sta per affrontare l’ennesimo processo per tentare di dimostrare la sua innocenza. Dopo aver scoperto di essere in grado di viaggiare nel tempo, Barry decide di tornare nel passato per impedire la morte della madre e salvare così entrambi i genitori. Qualcosa però va storto e Barry rimane bloccato nel passato, un passato in cui Nora Allen (Maribel Verdù) è ancora viva e in cui lui non è ancora The Flash.

Sotto questo punto di vista, il film di Andy Muschietti ha l’aspetto di un vero e proprio film delle origini, decisamente unico nel suo genere e con degli elementi totalmente inediti. A dover apprendere cosa significa essere un supereroe e come funzionano i suoi nuovi poteri è infatti il Barry Allen del passato ed il suo mentore non è altro che il Barry Allen del futuro. Inaspettatamente, Ezra Miller ci regala un’interpretazione davvero degna di nota, portando contemporaneamente sullo schermo due versioni estremamente distanti dello stesso personaggio. Distanti non solo sul piano temporale ma anche e soprattutto su quello psicologico: da una parte un adolescente esaltato mentre dall’altra un supereroe più maturo, schiacciato dalla consapevolezza di non poter evitare in nessun modo il proprio destino. In sostanza due Flash diversi.

Il punto di forza del film è da ricercare proprio nello sviluppo del personaggio di Barry e del suo conflitto impossibile da risolvere, ma non solo. Il ritorno di Michael Keaton nei panni di Batman, non stiamo nemmeno a dirlo, è una gioia per gli occhi e anche la Supergirl di Sasha Calle fa la sua parte. Purtroppo però quest’ultima è stata la più sacrificata: il suo personaggio è quello che viene sfruttato e approfondito meno nonostante nelle poche scene in cui la si vede protagonista funzioni benissimo e risulti assai convincente. Alla fine della pellicola si ha quasi l’impressione che si tratti più che altro di un espediente narrativo legato inevitabilmente al villain della storia, il generale Zodd (Michael Shannon).

Tuttavia è avviandosi verso la conclusione che il film inizia a vacillare. La scelta di prendere le mosse dall’arco narrativo del Flashpoint era quasi obbligata. A quanto pare però, non lo era altrettanto la scelta di introdurre un personaggio fondamentale quale quello dell’Anti-Flash, Eobard Thawne, come villain principale. Per un momento il film fa sperare che sia stato lo stesso Barry, tornando indietro nel tempo, a creare la propria nemesi ma è una speranza che svanisce immediatamente per lasciare spazio a una risoluzione frettolosa che introduce un multiverso appena accennato. Piuttosto che attingere dalla storia del proprio supereroe, la DC rincorre ancora una volta la Marvel, proponendoci l’ennesima versione del multiverso. Un’occasione sprecata, che lascia l’amaro in bocca, considerando tra l’altro l’imminente passaggio di consegne che resetterà l’universo narrativo DC.

Ma non è certo questo il difetto maggiore della pellicola, che invece riguarda gli effetti speciali di una qualità davvero inaccettabile per un cinecomic. La “maledizione” dei neonati in CGI, di cui tutti speravamo di esserci liberati, torna a tormentarci dalla prima sequenza d’azione e purtroppo continuerà a farlo fino alla battaglia finale. Nonostante tutto, però, The Flash si dimostra una pellicola tutto sommato convincente, in grado di mantenere un equilibrio tra gli aspetti più comici e quelli più drammatici, raccontando sostanzialmente di come le cicatrici, anche le più dolorose, che ognuno di noi porta con sé, vadano accettate.

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