#Cannes75: Le Musk, la recensione del film di A.R. Rahman

Vincitore di due premi Oscar ed un Grammy Award per la colonna sonora e la canzone Jai Ho del film The Millionaire di Danny Boyle, il compositore A.R. Rahman è probabilmente una delle figure più influenti nel mondo della musica indiana contemporanea ed uno dei nomi più gettonati di Hollywood. Da qualche anno l’artista si è messo in discussione cominciando una carriera parallela come videomaker : il film Le Musk (trailer), presentato alla sezione in realtà virtuale del 75° Festival di Cannes, risulta essere il prodotto più coraggioso e sperimentale.

La storia ruota attorno alla figura della musicista Juliet (Nora Arnezeder) il cui destino viene segnato significativamente dalla presenza di tre uomini, ognuno dei quali è contraddistinto da un diverso profumo. Il fruitore dell’opera in VR può distintamente percepire gli odori grazie al nuovo sistema di sedia sensoriale Positron per esperienze in realtà virtuale. L’opera è essenzialmente un videoclip che ricorda lo spot costoso e blasonato di un profumo, ricco di effetti speciali in computer grafica e con una colonna sonora di inequivocabile potenza, per giunta composta dallo stesso Rahman.

Nonostante l’immersività dell’opera abbia una resa ottima, la qualità della scrittura lascia molto a desiderare: non si riesce a vivere nulla al di fuori di una potente suggestione visiva e uditiva (in questo caso anche olfattiva) che stenta a dare un’anima ai personaggi, lasciando lo spettatore distante dal dramma personale della protagonista, una mancanza non trascurabile per un’opera di questo genere.

Girato a Roma, Le Musk è il frutto di un lavoro interdisciplinare di esperti provenienti da tutto il mondo che hanno messo le loro competenze a disposizione dell’autore al fine di realizzare un progetto eclettico, risultato dell’unione tra le varie forme di linguaggio. Le riprese sono state effettuate da 14 diverse camere dotate di una risoluzione elevatissima e poi ricombinate in post-produzione in un flusso stereoscopico a 360°, capace di dare una percezione audiovisiva della realtà virtuale e della tridimensionalità nettamente superiore alla media.

Indubbiamente Le Musk è destinato a lasciare un segno nella storia del linguaggio VR per il suo enorme impegno economico e visivo, ma le gambe della creatura si rivelano fragili e la storia troppo vaga e confusa: lo spettatore rimane freddo e distaccato da questa esperienza esplosiva nella fascinazione, ma povera nella ragione.

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