Proprio in questi giorni in Parlamento si discute il decreto di legge Cirinnà che prevede l’entrata dell’Italia tra i numerosi Paesi Europei che già da molti anni hanno approvato le unioni civili e che avanzano verso nuove leggi sui matrimoni e sulle adozioni. Un passo che non sarà semplice ma che sembra essere già un tema “visto” e trattato in molti modi nell’ambito dell’arte. Nel cinema, infatti, in questi anni numerosi film sul tema hanno ampliato il pubblico, non limitandosi solo agli spettatori della comunità LGBT (Lesbian, Gay, Bisex and Transgender).
Possiamo dire che è in avvio una sensibilizzazione culturale sul tema dell’omosessualità anche in Italia?
Quest’anno alla Festa del Cinema di Roma l’attrice Ellen Page è stata madrina del tema sui diritti della comunità omosessuale tanto che alla conferenza stampa di Freeheld ha raccontato del suo recente coming out, terminando con un spero presto nelle unioni civili anche in Italia. Anche il regista Todd Haynes, da sempre vicino a queste tematiche, ha trattato l’argomento attraverso un discorso più ampio durante l’incontro con il direttore artistico Antonio Monda. Non cadiamo nel cliché definendolo “il regista gay che fa film gay”, Haynes è un regista indipendente che ha sempre sostenuto il cinema del mercato “indie”. All’incontro ravvicinato il regista ha spiegato che il tema centrale di tutti i suoi film è la resistenza ai modelli impo2021-04-21 12:10:54 31 [ERROR] mysqld.exe: La tabella ‘wp_posts’ e` segnalata come corrotta e deve essere riparata
cast, sia dal punto di vista artistico (i musicisti Bowie, Dylan e Carpenter rispettivamente in Velvet Goldmine, I’m Not There e Superstar ne sono l’esempio) sia dal punto di vista dell’identità, tra cui quella sessuale. Ha anche spiegato la scelta per quanto riguarda il personaggio di Bob Dylan in I’m Not There. Il musicista nel film è stato interpretato da ben sette attori diversi con l’intento di evitare un’unica definizione dell’artista, in questo modo Haynes non si limita a mostrare una sola identità ma tante sfaccettature e lati più profondi di Dylan, come per esempio la sua androginia.
Carol, il suo ultimo film, è stato presentato allo scorso Festival di Cannes e mostrato alla Festa del Cinema di Roma appena conclusasi. Il film soddisfa entrambi gli “orientamenti” sociali tipici dei film di Haynes: il lato dell’identità sessuale e quello artistico. Therese, interpretata da Rooney Mara, è una commessa di un negozio di giocattoli con la passione della fotografia, mentre Carol, interpretata da Cate Blanchett, è una sofisticata casalinga che abita nella borghese campagna del New Jersey. Dopo Julian Moore e Ellen Page in Freeheld, Sabrina Ferilli e Margherita Buy in Io e Lei, la coppia Carol e Therese colpisce in maniera efficace il pubblico andando oltre l’immaginario della coppia lesbica. La delicatezza con cui Haynes tratta l’argomento è la riprova che basta la semplicità per inserire il tema dell’omosessualità: non batte i pugni per i diritti civili, non spinge sul sentimentalismo spiccio. Spontanea e semplice, Carol, è una storia d’amore che trascende le questioni dell’orientamento sessuale. Non c’è niente di meglio per evitare la discriminazione che portare in scena una storia diretta e così reale pur essendo tratta dal romanzo omonimo di Patricia Highsmith. L’opposto accade in Freeheld, che pur essendo tratto da una storia vera, non colpisce in maniera così profonda. In Carol siamo di fronte allo sguardo di due donne innamorate che devono affrontare le difficoltà, come accade in ogni relazione. Una borghesia conservatrice espressa attraverso una fotografia che ricorda i colori densi di Hopper (l’immagine del quadro del 1939 The New York Movie sembra ricollegarsi con le atmosfere di Carol) e le pubblicità di Norman Rockwell. Alla fine agli spettatori non importa della morale comune, lo sguardo tra Carol e Therese supera tutte le pressioni e i ricatti sociali della New York anni ’50.