#RomaFF18: La chimera, la recensione del film di Alice Rohrwacher

la chimera, la recensione del film

«Volano, gli uccelli volano nello spazio tra le nuvole con le regole assegnate a questa parte di universo, al nostro sistema solare» sentiamo cantare dal maestro Franco Battiato nel suo brano Gli Uccelli, mentre sullo schermo appaiono i primi titoli di coda del film La chimera (trailer), di Alice Rohrwacher. Il brano, che si apre con un’ampia melodia strumentale riecheggiante il moto dei volatili, parte da elementi reali per arrivare a descrivere una visione mistica, con una prospettiva spirituale. Lo stesso fa Alice Rohrwacher nel suo nuovo film, presentato nella categoria Best of 2023 della Festa del Cinema di Roma, calando lo spettatore in un’atmosfera dai tratti onirici e fiabeschi.

La storia, ambientata negli anni ’80, vede come protagonista Arthur (Josh O’Connor), burbero ragazzo inglese appena uscito di prigione che torna in un piccolo paese rurale della Tuscia, dove viene accolto dai suoi vecchi amici (capitanati da Vincenzo Nemolato). Ben presto capiamo che nella vita si occupano di profanare antiche tombe etrusche, alla ricerca di preziosi reperti da rivendere a una figura misteriosa di nome Spartaco. Arthur ha un dono: la rabdomanzia. Riesce, cioè, a capire in quale parte del sottosuolo si nascondano i tesori. Per questo motivo, i suoi amici tombaroli se ne servono per saccheggiare quante più tombe possibili, affamati dalle possibilità di guadagno, mentre Arthur, al contrario, sembra essere più interessato alla bellezza dei reperti e a quella sacralità che solo oggetti così antichi e importanti per le civiltà passate possono trasmettere. Oltre alla sua attività di tombarolo, tuttavia, l’uomo riallaccia anche i rapporti con Flora (Isabella Rossellini), ex cantante lirica e madre della sua amata Beniamina, fidanzata che continua a incontrare in sogno e a cercare nella realtà.

Alice Rohrwacher crea un’atmosfera intrisa di tradizione popolare italiana, sospesa tra il concreto e il fantastico, tra la vita e la morte. Una riflessione su ciò che «non può esser visto da occhi umani» ma che solo pochi dall’indole delicata e sensibile riescono a vedere, accogliendo i segreti che gli oggetti portano con sé. Come gli uccelli di Battiato «cambiano le prospettive al mondo», così Arthur guarda in modo diverso ciò che lo circonda, soprattutto quando si tratta delle meraviglie nel sottosuolo. E la regista ce lo mostra esplicitamente, capovolgendo la macchina da presa e cambiando a tutti gli effetti la prospettiva dello spettatore. L’inglese sembra costantemente svegliarsi da un sogno, rincorrere il presente rimanendo, allo stesso tempo, legato ad un passato che gli si ripropone sotto forma di ricordi e immagini durante il sonno. È proprio questa dormiveglia, questo essere in bilico tra antico e moderno, che tesse il fil rouge – letteralmente – tra i due mondi, rappresentato verso la fine dalla stazione dismessa di Riparbella, in Val di Cecina: un luogo fantasma, abbandonato da tempo alla natura che si è riappropriata dei suoi spazi, ma che successivamente essa stessa dovrà invece condividere con una famiglia tutta al femminile, finalmente riuscita a trovare la propria dimensione.

Difficile non pensare ai tratti più sognanti e grotteschi dei film di Federico Fellini, che hanno intercettato aspetti dell’Italia popolare dell’epoca, o all’atmosfera favolistica dei film di Pietro Marcello, resa anch’essa attraverso l’uso della pellicola, mezzo nostalgico per eccellenza. Nonostante ciò, lo stile di Alice Rohrwacher va oltre, creando un immaginario originale e un’espressività che può essere riscontrata in pochi registi dell’attuale panorama cinematografico italiano.

Fresco del recente successo al New York Film Festival, La chimera cavalca l’onda di entusiasmo generale da quando è stato presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes. Una storia peculiare, sensibile e fantastica assolutamente da non perdere.

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