Love, Death + Robots 3, la recensione della terza stagione su Netflix

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Dopo appena un anno, ecco che fa il suo ritorno su Netflix, l’attesa terza stagione di Love, Death + Robots (qui il trailer). La serie d’animazione antologica, supervisionata da David Fincher e Tim Miller, approda nuovamente sui nostri schermi con nove nuovi episodi, ciascuno creato e sviluppato da uno studio diverso.

Quando nel 2021 la seconda stagione uscì sulla piattaforma le aspettative sulla qualità del prodotto erano decisamente alte, poiché, ben due anni prima, la serie fece il suo debutto sul piccolo schermo fregiandosi di un livello particolarmente elevato, sia dal punto di vista delle idee narrative, che da quello tecnico, regalando momenti di alto intrattenimento. Purtroppo, però, la seconda stagione non rispettò appieno le previsioni. Si presentò come un prodotto complessivamente buono, ma lontano dai fasti e dalla meraviglia che la sua prima incarnazione ci aveva donato. Con questo terzo appuntamento, invece, Love, Death + Robots sembra essere nuovamente tornata sui giusti binari.

Queste nuove storie propongono allo spettatore una buonissima dose di divertimento, senza però dimenticarsi di lasciare spazio anche a fasi del racconto maggiormente introspettive e volte a suscitare riflessioni. Si passa, difatti, dall’avventura di tre simpatici robot testimoni di un pianeta Terra ormai libero dall’umanità (Tre robot: Strategie d’uscita) ad una storia cruda e terrificante, diretta dallo stesso Fincher, avente come protagonista una ciurma di naviganti che dovrà vedersela con un mostro degli abissi affamato di sangue che, oltre a terrorizzare i marinai, li metterà di fronte a scelte dai caratteri morali ed etici (Un brutto viaggio).

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Non mancano di certo storie condite di momenti comici e grotteschi, come testimonia l’episodio che racconta le vicende di un vecchio contadino alle prese con una bizzarra invasione di topi (Mason e i ratti), o quello riguardante la “mini” (è proprio il caso di dirlo) apocalisse zombie (La notte dei minimorti). Quest’ultimo si presenta come uno degli episodi più peculiari dell’intera serie poiché realizzato interamente in stop-motion e basato tutto su campi larghi, così da rendere i protagonisti della storia minuscoli agli occhi del pubblico e donando pertanto al corto un’aura volutamente macchiettistica e buffa, nonostante il tema della storia sia tutt’altro che allegro.

Un’altra delle puntate che più cattura l’attenzione è sicuramente Jibaro, realizzata da Alberto Mielgo, che già aveva ideato un corto (La testimone) per il primo volume della serie. L’episodio in questione è condito da un’ottima regia e da un comparto visivo sorprendente e tendente al realismo; la storia si distacca dal genere sci-fi, caratteristico di Love, Death + Robots, per abbracciare toni più folkloristici e tendenti al fantasy. Il padrone dello schermo in questo è infatti il fugace e crudele incontro tra un cavaliere ed una strega/sirena, che avviene presumibilmente tra le giungle dell’America precolombiana.

Possiamo dunque affermare che, senza dubbio, il profilo medio di questa nuova stagione di Love, Death + Robots sia assolutamente di ottimo livello, ma che nonostante ciò questa nuova stagione rimanga inferiore ai risultati raggiunti dalla prima, che ad oggi resta ancora la migliore delle tre. Se siete tra chi ha amato i primi due capitoli di questo prodotto non resterete delusi e non vi rimane dunque che gettarvi a capofitto in questa nuova avventura fatta di amore, morte e robot.

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