Zodiac e Mindhunter: i libri (e i loser) salveranno il mondo

Zodiac: oggi il quindicesimo anniversario del capolavoro di Fincher

Delle lettere, un simbolo, codici da decifrare, pezzi di stoffa insanguinata. Anni e anni di ricerche perché tutto potesse poi ricadere nelle mani di un disegnatore. Oggi è il quindicesimo anniversario dello straordinario Zodiac (trailer), diretto da David Fincher. Un serial killer amante della pubblicità terrorizza la California alla fine degli anni ’60, fra omicidi efferati e vite distrutte. La storia è tratta dal libro Zodiac: The Shocking True Story of the Hunt for the Nation’s Most Elusive Killer, scritto dallo stesso Robert Graysmith protagonista del film, qui interpretato da Jake Gyllenhaal.

I motivi per parlare di questo film sono sempre innumerevoli, dalla scrittura, alla recitazione, all’ossessiva cura dei dettagli di cui il regista è capace. È un film la cui complessità si dispiega con perfetta armonia nelle sue ore di svolgimento, ricreando un’epoca perduta, non troppo lontana, ma devastata dal cambiamento. Era proprio questo lo scopo di Fincher, quello di  ricordare il passaggio che per primo ha vissuto nella sua infanzia, un passaggio da una quotidianità innocente e spensierata al caos creato dal terrore per il killer dello Zodiaco[1].

E non era la prima volta che il regista si interessava di argomenti così truculenti, né è stata l’ultima. Ma, stavolta, accantoneremo Se7en per soffermarci su un altro prodotto fincheriano, originale Netflix, Mindhunter (trailer). Non un film, ma una serie tv originale Netflix, dove ancora una volta il regista dichiara il suo amore per il gusto della veridicità storica[2], seppur con qualche abbellimento narrativo. In questo caso, il protagonista (tecnico) è Holden Ford (Jonathan Groff), un giovane e ambizioso agente dell’FBI che vede nella psicologia il futuro della giustizia.

Cosa può caratterizzare e accomunare Robert Graysmith e Holden Ford? Oltre all’ossessione per la caccia ai criminali, probabilmente la passione, l’ingegno, la perseveranza. Ma una cosa sopra tutte salta all’occhio: l’amore per la conoscenza. Chini sui loro libri, sono sempre i più vicini alla verità anche se vengono derisi da chi li circonda, quantomeno dai tough guys. È capitato a tutti noi di guardare una o più serie tv americane, specialmente le sitcom, quindi questa cosa ci suonerà familiare: fra tutti i beniamini della comicità americana, chi riceve il più alto numero di commenti sarcastici e alzate di occhi al cielo? I sapientoni.

I topi di biblioteca, i professori, tutti coloro che sono acculturati e quindi hanno avuto un’educazione accademica, sono quelli che vengono meno ascoltati o che servono maggiormente da punchline comica. Sono quelli che, a detta di Joey Tribbiani, leggevano Il Signore degli Anelli al liceo mentre lui era impegnato a fare sesso. Robert Graysmith e Holden Ford sono i nerd, i “boyscout”, i loser. E del beneficio di essere un perdente ne avevamo parlato grazie a Moneyball – L’arte di vincere: il loser è il segnato dal destino, colui che avrà la capacità di risolvere il mistero, di portare l’anello, di sconfiggere chi gli ha inflitto una cicatrice.  

Ma come riconosciamo i perdenti? Tutto sta nella costruzione del mondo che li circonda: sia in Zodiac che in Mindhunter questi mondi fittizi sono pericolosamente vicini a quello reale. A livello narrativo, il modo migliore per far risaltare un personaggio è quello del confronto con il suo opposto. Opposto del loser sarà il tough guy, il duro sigaro, whiskey e pugni. Il tutto chiacchiere e distintivo. Se vogliamo usare degli archetipi letterari e cinematografici, allora parleremmo del detective hardboiled.

Il duro per eccellenza, dei film noir, si ripropone sotto diverse vesti nei due prodotti di Fincher. In Zodiac ne abbiamo, in un certo senso, due: Dave Toschi (Mark Ruffalo), il poliziotto che indagava sui crimini del killer e che ha ispirato il personaggio di Harry Callaghan[3], il detective reso famoso da Clint Eastwood; Paul Avery (Robert Downey Jr.), il giornalista la cui vita sarà rovinata dall’ossessione per gli omicidi commessi dall’inafferrabile omicida. In Mindhunter abbiamo invece Bill Tench[4] (Holt McCallany), non un duro di quelli che hanno bisogno di agire come tali, ma uno che nasce con la scorza un po’ più spessa degli altri.

Se Robert e Holden sono accomunati dai libri, Dave, Paul e Bill sono uniti dalla derisione di essi. Ma facciamo un po’ di contestualizzazione storica: siamo negli anni ’70 e siamo negli Stati Uniti. In America del Nord l’educazione di fascia alta non è accessibile a tutti, anche nel 2022: i costi elevatissimi per accedere e continuare a studiare nei college, famosi e non, sono molto spesso insostenibili, nonché fonte di debito già dalla giovane età. Con ciò non vogliamo suggerire che i personaggi non fossero ispirati a persone colte: per essere agenti dell’FBI è necessaria una laurea. Paul Avery era un giornalista che ha iniziato la sua carriera nel 1955[5].

Ciò su cui vogliamo soffermarci, trattandosi di prodotti mediali, è il modo in cui la realtà non-diegetica viene rappresentata. Se un film o una serie narrano la vita e le gesta del suo eroe o della sua eroina, anche il/la più ordinario/a dovrà avere un elemento di extra-ordinarietà. In questo contrasto fra loser e tough guy, il primo ha i capelli impomatati, la camicia nei pantaloni e una accurata lentezza dei movimenti, quasi a sottolineare quanto essi siano calcolati; il tough guy porta la cravatta allentata (o non ce l’ha per niente), addita come “strana” la sua controparte e ne è il gatekeeper a tutti gli effetti.

Ed è di fondamentale importanza il personaggio che funge da gatekeeper, in tutte le sue caratteristiche, poiché corrisponde all’ordinario, il mondo del primo atto che dovrà essere scosso perché le cose cambino. Quindi la normalità è incarnata dal duro, che anche se colto ed educato, lo è nel limite del suo ruolo. Robert Graysmith viene deriso per il suo sembrare un bambino, troppo piccolo ed “immaturo” per invischiarsi in una questione di tale portata, soprattutto poiché non legittimato da un patentino giornalistico o da un badge. È “solo” un disegnatore.

Ha la sua personale rivincita, conquistando Paul e Dave, proprio grazie a quei libri che lo rendevano oggetto di derisione: Robert infatti studia libri riguardanti la decifrazione di codici portandolo a comprendere sempre meglio il modo in cui il killer ragiona. Il fatto che il primo codice ricevuto dal giornale sia decifrato da un insegnante insieme alla moglie conferma la forza dell’educazione, nella realtà finzionale e non. Ogni volta che Robert cercava di far valere le sue tesi lo faceva con una semplice frase: «I went to the library».   

La derisione dei libri, della cultura, dell’educazione fa parte del primo atto: inizia come modo per caratterizzare i protagonisti e finisce per essere celebrata come una delle vie più efficienti per raggiungere lo scopo. Certamente questo scopo non è mai stato davvero raggiunto dai protagonisti di Zodiac, cosa che rende “anomalo” il film proprio perché realistico.

Il protagonista di Mindhunter, Holden Ford, è fatto più o meno della stessa pasta di Robert. Holden è un’anima pura, un po’ saccente all’inizio e insopportabilmente baldanzoso verso la fine. La sua saccenza risiede però nel fatto che ha ragione: i killer incarcerati sono una fonte di conoscenza inestimabile e sarebbe stato ingiusto per i posteri non approfittarne. D’altronde gli americani sono conquistatori, questo era solo un altro campo da colonizzare. La sua figura si incentra completamente sull’educazione accademica e sulla psicologia, disciplina che i tough guys ritengono inutile e, ancor di più, “da femminucce”.

Ma, lentamente, (quasi) tutti si ricredono, riconoscendo l’importanza del lavoro cui si dedicano Holden, Bill e la dottoressa Carr.  Pur non senza scetticismi. Allo stesso tempo, se da un lato Fincher “sponsorizza” l’educazione, dall’altro lato rende i suoi prodotti una cautionary tale per esporre il concetto de “il troppo stroppia”. L’eccessivo affidamento ai libri può infatti generare l’effetto opposto all’apertura mentale, che non può essere l’unico fattore in gioco.

Robert rischia la vita per continuare le sue investigazioni, infilandosi nel covo dell’inquietante amico del fantomatico killer. Holden, ormai diventato troppo sicuro di sé, sfociando nell’arroganza, viene ridimensionato dal suo incontro con Edmund Kemper, che gli causa un importante danno psicologico. E quindi, ancora una volta, in un mondo ideale, l’equilibrio fra l’intelligenza del “loser” e la resilienza del tough guy avrebbero portato al risultato auspicato, quantomeno a livello narrativo.

Sia Zodiac che Mindhunter sono prodotti recenti, ambientati però negli anni ’70, motivo per cui questa dinamica inizialmente dicotomica e che poi lentamente sfuma in una zona grigia, ci appare così lampante e così facilmente riconoscibile. In Zodiac la realtà era già un film prima di essere proiettata sul grande schermo. Con Mindhunter la realtà si tinge di intrigante (e intellettuale) mistero. Daniel Pennac diceva «un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso». Per fortuna Robert e Holden l’hanno preso alla lettera.


[1] C. Beyl, David Fincher: Zodiac – The Masterpiece (The Directors Series) | Indie Film Hustle, caricato sul canale YouTube «Indie Film Hustle», 10 novembre 2017, https://www.youtube.com/watch?v=bEEIRA-T8-4 (ultima consultazione: 21 febbraio 2022).

[2] Anche questo prodotto è tratto da un libro, Mindhunter. La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano, scritto da colui che ha ispirato il personaggio di Ford, John E. Douglas.

[3] M. Plainview, How Clint Eastwood’s Dirty Harry Adapted The Real-Life Zodiac Case, in «Screenrant», 17 ottobre 2021, https://screenrant.com/dirty-harry-clint-eastwood-zodiac-scorpio-real-life-inspiration/ (ultima consultazione: 21 febbraio 2022).

[4] Bill Tench non è (purtroppo) esistito davvero, ma è stato creato ispirandosi al vero collega di John E. Douglas, Robert Ressler.

[5] M. Taylor, Paul Avery, Longtime Newspaper Reporter, in «SFGate», 13 dicembre 2000, https://www.sfgate.com/news/article/Paul-Avery-Longtime-Newspaper-Reporter-2722001.php (ultima consultazione: 21 febbraio 2022).

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