#Venezia80: Comandante, la recensione del film di Edoardo De Angelis

Comandante, la recensione del film

In una stranamente piovosa e settembrina Venezia, ad aver soppiantato l’attesissimo Guadagnino in apertura a questa 80esima Mostra del Cinema, troviamo Comandante (trailer), ultima opera di Edoardo De Angelis, che torna sul red carpet, per la prima volta in concorso, dopo Perez e Indivisibili. Nella pellicola si narra la storia vera di Salvatore Todaro, coraggioso comandante della Regia Marina Militare a bordo del sommergibile Cappellini durante la Seconda Guerra Mondiale: salvò, infatti, 26 superstiti della nave belga Kabalo, nonostante fosse alleata dei britannici, un gesto che potrebbe competere con la ben più nota “tregua di Natale” avvenuta nel 1914 tra inglesi e tedeschi.

Queste premesse storiche ed eroiche, che trasudano cameratismo e dipingono una bellissima umanità avversa a questa “guerra di ferri”, non bastano purtroppo a rendere l’opera convincente. L’ unico punto forte tra tutti i reparti è la regia, purtroppo rovinata da un uso abbastanza superficiale della CGI ed accompagnata da una sceneggiatura claudicante e sconnessa, a tratti eccessivamente pomposa e inutilmente artificiosa (dalla quale De Angelis ha tratto l’omonimo libro, firmato insieme a Veronesi). Veste i panni del paladino Pierfrancesco Favino, definito da Ciak “mattatore del festival”, la cui interpretazione non è sicuramente negativa, ma che cade nella stessa confusione di dialetti e accenti già presente in Nostalgia di Mario Martone, circondato da un parterre di compagni stereotipati.

Eppure, uscendo dalla freddissima sala Palabiennale, nonostante lo scontento, resta impressa quella scintilla di solidarietà che supera qualsiasi colore politico, qualsiasi bandiera, qualsiasi ideologia. Aristotele lo diceva chiaramente: «L’uomo è un animale sociale e in quanto tale non solo ha bisogno dell’altro, ma empatizza con esso e si riflette in lui». Probabilmente per il comandante Todaro salvare quegli uomini significava un po’ salvare anche sé stesso. Sotto quello che potrebbe sembrare un becero messaggio nazionalista, giacciono in realtà parole di fratellanza, suggellate dalla frase finale, fautrice dei salvataggi dei naufraghi «perché così si è sempre fatto in mare e sempre si farà. E coloro che non lo faranno saranno maledetti».

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