Sei Fratelli, la recensione: quando il sangue non basta

sei fratelli, la recensione del film

La scrittrice Michela Murgia, scomparsa un anno fa a seguito di una malattia, nel suo romanzo Chirù, scriveva che «in ogni famiglia c’è un membro che orienta il clima emotivo di tutti gli altri». Si può dire che questo concetto sia, in un certo senso, il perno attorno al quale ruota Sei Fratelli (trailer), il nuovo film di Simone Godano, scritto a quattro mani con lo sceneggiatore Luca Infascelli.

Il film si apre con una breve sequenza che presenta Manfredi Alicante (Gioele Dix), padre dei sei fratelli protagonisti di questo dramedy corale che, ricoverato in ospedale per un brutto male, decide di togliersi la vita gettandosi dal tetto della clinica. In seguito alla sua morte, i figli vengono chiamati a Bordeaux, città in cui egli abitava, per la lettura del testamento. Qui i fratelli, convinti di essere cinque, scoprono invece di avere una sesta sorella di nome Luisa (Valentina Bellè), che dovrà essere inclusa nella spartizione dell’eredità. Un padre e quattro madri, conflitti non risolti, bugie e segreti.

La famiglia Alicante è composta da persone sostanzialmente sole e insoddisfatte, legate più dai conflitti che dall’amore. Sei esseri umani totalmente diversi l’uno dall’altro che, come nella più classica delle trame, si troveranno a condividere per giorni lo stesso spazio e saranno costretti a confrontarsi, conoscersi, tentare di capirsi. La convivenza forzata porterà a galla vecchi problemi, come la rivalità tra Marco (Riccardo Scamarcio) e Leo (Gabriel Montesi), un rancore che li tiene lontani da 15 anni, quando il primo ha “rubato” la fidanzata al fratello e l’ha sposata. Stare a contatto con la famiglia servirà anche a Guido (Adriano Giannini), il fratello saggio, soprannominato per questo Gandhi, colui che fa da collante tra i fratelli, i cui demoni si paleseranno in maniera piuttosto forte nel corso del film.

Si troveranno a fare i conti con la figura di questo padre così carismatico, del quale ognuno sembra aver conosciuto un lato diverso e che pesa enormemente nonostante non ci sia più, poiché è divenuto per i figli il capro espiatorio, il cattivo, l’entità a cui delegare la ragione della propria infelicità. Manfredi è una sorta di Ulisse, padre ingombrante che il figlio Telemaco va a cercare, nonostante non lo conosca, partendo per il viaggio che lo farà diventare un uomo.

Sei fratelli recensione film di Simone Godano DassCinemag

Godano mette in atto delle scelte stilistiche ben precise, che donano al film un profumo drammatico contaminato qua e là dalla leggerezza della commedia. Sei Fratelli è interamente girato con la macchina a mano e questo permette allo spettatore di immergersi completamente nella vicenda, di sentirsi parte della storia, come se fosse un membro di quel gruppo sgangherato o se avesse preso in prestito gli occhi di Manfredi, il cui ricordo continua ad aleggiare nella casa di Bordeaux.

Tra gli aspetti più interessanti c’è sicuramente quello che riguarda il cast, che il regista sceglie di costruire mettendo insieme attori prettamente drammatici. Il risultato è la messa in scena di personaggi credibili e profondamente intensi, con i quali si riesce facilmente ad entrare in empatia, in un processo di immedesimazione fortemente soggettivo. Altra caratteristica degna di nota è la particolarità della fotografia, affidata a Guillaime Deffontaines, che ricorda molto quella del cinema tipicamente francese.

Per tornare alla citazione iniziale di Murgia, è anche grazie a lei che oggi si parla molto del concetto di famiglia, di come sia cambiata la visione di questo microcosmo alla base della società, tra quella biologica e quella che si sceglie. A questo proposito, Godano realizza il ritratto di una famiglia allargata, totalmente all’opposto di quella cosiddetta “tradizionale”, raccontando il viaggio di persone che hanno bisogno di avere altre persone accanto, nel desiderio e nella necessità di essere amati a prescindere dalle proprie scelte. É un film di rapporti umani universali, che cammina in bilico tra scritto e non scritto, tra cose dette e non dette.

Al contrario di quanto lo spettatore possa aspettarsi, Sei Fratelli non si chiude con un lieto fine. La voce di Manfredi Alicante torna a rompere l’illusione dell’idilliaco apparente equilibrio che anima l’ultima sequenza ed è giusto che sia così, perché il rancore è più facile del perdono e perché ci sono ferite che lacerano troppo in profondità per riuscire a cancellarne le cicatrici. Marco, Guido, Leo, Gaelle, Mattia e Luisa torneranno ad essere sconosciuti, ma avranno per sempre il ricordo di una giornata al mare in cui, forse per la prima volta, sono stati davvero sei fratelli.

Dal 1 maggio al cinema.

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