#RomaFF18: Tante facce nella memoria, la recensione del film di Francesca Comencini

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L’importanza della memoria è un tema che è stato più volte trattato nella storia del cinema, già dai suoi albori. La riflessione che ci resta da fare in merito è quindi: come approcciarcisi nel modo più efficace possibile? Presentato nella sezione Special Screenings della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, Tante facce nella memoria è il nuovo film di Francesca Comencini. La narrazione si sviluppa attraverso le riprese in teatro di sei monologhi alternati di sei donne sedute su delle sedie su un palcoscenico teatrale che narrano in prima persona l’eccidio delle Fosse Ardeatine. A questo punto la domanda è spontanea: si può davvero parlare di film? Che cos’è un film? Sicuramente siamo davanti ad un prodotto audiovisivo. Ci sono attrici che recitano un ruolo. C’è una storia lineare che procede nel corso del tempo. Eppure le modalità fanno pensare a tutto tranne che ad un film. Sono riprese di uno spettacolo teatrale che sfociano nel cinematografico solamente per via del luogo in cui ci si trova ad esperirlo. Sicuramente le interpretazioni sono forti, funzionano e arrivano dritte al cuore.

Forse è il caso però di domandarci qual è lo scopo di un operazione del genere. Un approccio che si potrebbe definire scolastico, non nella realizzazione ma quantomeno nelle intenzioni; un qualcosa da far vedere a dei ragazzi liceali che stanno studiando l’argomento in questione. Eppure anche in questo caso il target non è così facilmente incasellabile. Per poter godere di un’esperienza totale si ha bisogno necessario di una preliminare cultura ed affinità nei confronti del mezzo teatro, conoscenza rara tra i banchi di scuola. Allargare il bacino di utenza dello spettacolo teatrale può essere un’altra delle missioni che il film si pone. Ma anche qui ci sono delle falle logiche e logistiche. Quanti potranno essere gli spettatori che, avendo già usufruito del prodotto sotto forma di film, saranno ben felici e disposti di recarsi a teatro per poterne apprezzare la sua essenza natia? Lasciando queste domande formali in sospeso, in quanto difficile, se non impossibile, trovare risposta passiamo a trattare il lato artistico.

«Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.» Questa citazione rubata dal filosofo Immanuel Kant riecheggia durante la visione di Tante facce nella memoria per via dell’unico dettaglio straniante della messinscena; sullo sfondo di questo palcoscenico l’immagine immensa di un, appunto, cielo stellato. Le protagoniste nel frattempo non espongono solo i fatti, ci parlano di sensazioni e di quesiti esistenziali. Chi vedova, chi orfana di padre e chi partigiana onorata con la medaglia al valore; ognuna di queste donne dialoga con la coscienza, con Dio, con chi ha perso e con chi ancora è qui per ricordare. La realtà di queste testimonianze dirette è spiazzante. Purtroppo come ribadito precedentemente è il mezzo che è inadatto. Un consiglio di fruizione: andate a vedere la versione teatrale se ci dovessero essere repliche. L’esaltazione di questo testo nel suo ambiente sono sicuro che meriti grande attenzione. Lasciamo che le sale si riempiano di film e i teatri di performance, non mescoliamo le arti (o almeno non facciamolo con pigrizia).

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