#RomaFF16: Petite Maman, la recensione

Il cinema è, o almeno dovrebbe essere, evasione: entrare in sala, sedersi davanti al grande schermo, significa lasciare che le danze siano condotte da qualcun altro, un qualcun altro cui diamo piena fiducia. Ed ecco perché quando le aspettative dello spettatore non vengono incontrate, la delusione è cocente. Fortunatamente, però, non è questo il caso di Petite Maman (trailer), il nuovo film dell’acclamata regista francese, Céline Sciamma, direttamente dalla Festa del Cinema di Roma.

Due anni dopo Ritratto della giovane in fiamme, la Sciamma ci porta nella storia di Marion (Nina Meurisse) e Nelly (Josephine Sanz), madre e figlia che affrontano la perdita di un’altra donna, la madre di Marion e nonna di Nelly. Entrambe, insieme al padre di Nelly, interpretato da Stéphane Varupenne, partono alla volta della casa nel bosco in cui è cresciuta Marion, per svuotare le ormai disabitate stanze che custodiscono scatole di latta che, come al solito, contengono tutto tranne che biscotti.

Il dramma vissuto da Marion è sottile e nonostante sia il suo il dolore più acuto, di donna una volta stata bambina e ormai orfana della presenza materna, è a Nelly che viene affidato l’onere e l’onore di condurre lo spettatore attraverso la storia: figlia unica, il suo desiderio è quello di sentirsi partecipe della vita dei genitori, della loro infanzia, di conoscere le loro storie ma quelle importanti, quelle che ai bambini non si raccontano.

Ed è proprio questo desiderio che verrà realizzato, in una fantasia fanciullesca che ci porta alla scoperta di un’amicizia fantastica e quasi paranormale, ma che la Sciamma restituisce in modo estremamente delicato, perché a parlarci sono due bambine, Nelly e una piccola Marion (Gabrielle Sanz) giunta da una parentesi passata, pronte a darsi conforto reciproco, a giocare insieme, a manifestare un legame ancestrale ed inspiegabile.

La storia procede senza veri e propri conflitti lì dove, se a narrare fossero stati i gesti adulti di Marion, vi sarebbe stata un’estrema incredulità, un continuo tentativo di razionalizzare gli eventi in atto. Ma Nelly e la piccola Marion non ne hanno bisogno. Si tratta di un gioco, un gioco reale su cui inquadrature lente e pazienti soffermano il loro sguardo, fra le ricche mura del passato e quelle spoglie del presente, fra recite con ispettori, omicidi e duchesse.

Il silenzio che aleggia nelle stanze della casa, nel bosco, con i suoni della natura a fare da unico accompagnamento alle ore passate insieme dalle due amiche, ci lasciano in un tempo sospeso, calmo, felici testimoni di ricordi altrui che assomigliano a quelli di tutti, sottolineati dalla potenza che il realismo delle scelte della Sciamma apportano al film.

Da questo viaggio attraverso il bosco, Nelly tornerà dotata di nuovi strumenti che la aiutino a comprendere chi c’è dietro la madre, perché Petite Maman si propone di rispondere ad un desiderio, quello di una connessione profonda con chi si ama, anche a costo di passeggiare nel passato per ottenerla.

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