#RomaFF16: Caterina Caselli – Una vita, cento vite, la recensione

Caterina Caselli

Nessuno mi può giudicare cantava nel 1966 una delle donne che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica e della produzione discografica italiana: lei è il solo e unico casco d’oro, lei è Caterina Caselli. Alla sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma è stato presentato nella sezione Eventi Speciali il docufilm di Renato de Maria Caterina Caselli – Una vita, cento vite, titolo che riprende un verso di Cento giorni, una delle canzoni a lei più care. In quest’ora e mezza la Caselli si racconta e diventa anche la chiave con cui interpretare uno spaccato di società italiana letta e analizzata attraverso le tendenze musicali che l’hanno caratterizzata di cui la cantante è stata una delle maggiori rappresentanti.

Quella che emerge è chiaramente una figura rivoluzionaria, una donna genuina, di umili origini, molto attaccata al padre che ricorda tra le lacrime e alla madre, una persona dal carattere molto forte che non voleva inizialmente che la figlia andasse a cantare perché <<le donne, la sera, dovevano stare a casa>>. Si comprende subito, dunque, questo carattere così irruento e ribelle, desideroso di scardinare gli stereotipi legati al genere e di esprimersi attraverso il canale della musica beat caratterizzata da canzoni che dovevano essere cantate con un’ingente dose di rabbia e veemenza nella voce. Mossa da questo senso di ribellione e di sana spregiudicatezza, fa il grande salto a Roma, città in cui riesce a sbocciare e da cui inizieranno quelle cento vite che vengono ricordate nel titolo, consumate nei vari Festival di Sanremo, nelle esperienze televisive (in cui ha anche scoperto un giovanissimo Francesco Guccini), nei musicarelli, nelle competizioni come il Festivalbar o il Cantagiro.

Poi arriva l’amore incarnato per lei nella persona di Piero Sugar, figlio di Ladislao Sugar, proprietario della CGD. Dopo il matrimonio inizia una seconda parte della sua vita vissuta non più da cantante ma da manager, una scelta fatta mantenendo sempre vive le sue propensioni. I capelli si allungano e non sono più biondi: per Caterina Caselli Sugar era iniziato il momento di dedicarsi a tutti quei giovani talenti che le altre case discografiche non avrebbero mai preso. Grazie alla sua lungimiranza, dall’etichetta Ascolto, da lei gestita per conto della CGD, furono prodotti gli Area, Faust’O, Pepe Maina e Pierangelo Bertoli. Questi sono solo alcuni dei nomi in cui la Caselli ha creduto, senza dimenticare i contratti firmati con Paolo Conte e Adriano Celentano, il successo di Un’estate italiana di Bennato e Nannini così come quello ottenuto da Si può dare di più del trio Tozzi-Morandi-Ruggeri, la scoperta di Andrea Bocelli e il suo trionfo nel mondo fino alla combinazione vincente Morricone-Elisa-Tarantino per il film Django Unchained.

Anche se oggi il mondo dell’industria musicale è cambiato, la musica deve continuare a raccontare le difficoltà, ad esprimere le urgenze delle nuove generazioni così come era accaduto ai tempi della Caselli che continua a scovare talenti sempre nuovi come I Negramaro, Malika Ayane e tanti altri. La bellezza di questo docufilm, oltre che nella storia della protagonista, sta nel fatto di aver saputo unire nelle giuste dosi il ricordo, le emozioni, le parole, la musica ed anche la riflessione su quanto l’industria culturale abbia influenzato la società italiana e viceversa.

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