#RomaFF16: Belle, la recensione

Belle

A tre anni da Mirai, il suo ultimo lavoro, Mamoru Hosoda scrive e dirige Belle (trailer), presentato fuori concorso a Cannes quest’anno e ora inserito nel programma di Alice nella città della Festa del Cinema di Roma. Nell’ultimo decennio in particolare, il regista si è ritagliato un ruolo di punta nell’animazione giapponese contemporanea, trovando una continuità autoriale nei film prodotti con lo Studio Chizu, da egli co-fondato. Con Belle, Hosoda progetta un vasto mondo virtuale pieno di nuove possibilità di espressione dell’essere umano, esplorando una moltitudine di temi, tra cui spiccano la cura dell’altro e la creazione di legami mediante il cyberspazio.

Suzu è un’adolescente che ha perso la madre da piccola, ha un rapporto distaccato con il padre e non sente di avere un posto nella società reale, al punto di decidere di entrare con una semplice app nello sconfinato mondo di “U”, dove miliardi di persone con il loro alter ego vivono un’altra vita. Dentro “U”, Suzu esiste sotto l’aspetto e il nome di Bell, rinominata poi “Belle” in seguito al successo planetario come cantante guadagnato al suo interno. Dichiara Hosoda che l’idea di fondo per il soggetto è arrivata da La bella e la bestia (1946) di Jean Cocteau, come limpidamente dimostra il film stesso: il mondo di “U” è minacciato da un Drago, un avatar come gli altri, che però viene identificato dai suoi cacciatori come la “Bestia”; le cicatrici che questi porta sul corpo sono oggetto di curiosità e motivo di connotazione dispregiativa da parte della massa, ma non per Belle, che si preoccupa di comprenderne la natura.

L’atmosfera fiabesca viene riadattata trasportandola letteralmente nel mondo della virtualità social, un altrove rispetto alla realtà dove Belle e il Drago sono destinati a incontrarsi per guarirsi a vicenda. L’autore del film coglie l’occasione di trattare tematiche che affliggono la società reale e che si ripropongono puntualmente anche nella sua controparte virtuale. Attualizza quindi l’idea di “Bestia”, ovvero il come possa intendersi tra i tanti modi possibili una persona che viene relegata ai margini, per motivi che non vengono indagati dai più.

Sul piano tecnico il film esibisce un’estetica fluida, in cui lo schermo diventa lo spazio dell’abbondanza e della sovrapposizione di livelli dell’ecosistema digitale che si alterna con quello reale. Rispettivamente, l’uso dell’animazione 3D e 2D insieme conferiscono al risultato finale una soddisfacente ricchezza visiva che ben si alimenta del punto forte del film: le musiche. Incantevole e magnetico il canto di Kaho Nakamura, doppiatrice della protagonista, capace di dare corpo al profondo desiderio di Suzu che solo “U” poteva regalarle, quello di fare musica come manifestazione più intima e sincera di sé. Musiche che a loro volta godono di una regia che esalta al meglio il loro potere e che vanno a rappresentare i momenti espressivi più alti del film.

Belle è un salto nella magia che può venire a crearsi quando le forti emozioni entrano e dominano negli spazi virtuali. Hosoda firma un film prezioso che vedrà l’uscita in Italia a gennaio del 2022.

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