#Venezia78: Lovely Boy, recensione del film di Francesco Lettieri

Lovely Boy recensione film Francesco Lettieri  DassCinemag

Francesco Lettieri, veterano del mondo dei videoclip musicali, arriva al suo lungometraggio con Lovely Boy (trailer), inserito all’interno della selezione di Giornate degli autori alla 78esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Un film con al centro il mondo della trap ma non sulla trap, un film dove al protagonista Nic in arte Lovely Boy (Andrea Carpenzano) viene costantemente ripetuto che la sua roba spacca, spacca, spacca, ma dove alla fine l’unico a spaccarsi in due è proprio lui.

Non un film sul contesto musicale che eppure Lettieri conosce estremamente bene, insieme alle sue dinamiche, alle contraddizioni e fragilità di chi quel mondo lì lo popola tra successo e perdizione. No, in realtà Lovely Boy è un’opera che pone la giovane e spesso incompresa trap («Io questa roba qui non la capisco» «Perché sei vecchio») a fare da quinta del processo di progressivo scollamento di Nic con la realtà. Una cesura consumata a colpi di cocaina nel naso e pasticche ingerite come fossero mentine, che il regista e sceneggiatore (assieme a Peppe Fiore) intervalla nel reame dei flashback mentre lo sperduto trapper si reca in una comunità di recupero sulle Dolomiti.

Lì su tra le montagne, in una struttura e un gruppo che ricorda incredibilmente da vicino quelli del magnifico Sound of Metal (c’è una leggera affinità), si svelano gli altari delle debolezze umane che sono chimere dalle quali non ci si libera mai davvero, che si annidano nel retro del cranio per tornare a emergere fuori quando meno ci si può aspettarlo. Ed è bravo Lettieri a fare un film asciutto nei toni e nella rappresentazione, supportando la sua ottima e più centrata regia (rispetto al precedente Ultras) con la fotografia fredda e malinconica di Gianluca Palma.

Si concede alcune incursioni nel mondo della sperimentazione e della libertà visiva sfruttando il volano delle droghe in circolo nel sangue di Nic, riuscendoci in alcuni momenti più di altri. Peccato che Lovely Boy, uno Sky Original, finisca direttamente in TV senza passare da una distribuzione in sala che avrebbe ampiamente meritato per l’ottimo respiro da grande schermo che si ritrova e per la sua potenziale capacità di attirare a sé il giovane pubblico.

Il punto di forza del film è però il suo stare così addosso al corpo di Carpenzano, nella sua comfort zone recitativa, unico e solo nucleo di un racconto dove ogni altra cosa sfreccia ai lati e si schianta sullo sfondo. Dal duo musicale XXG che Nic forma assieme a Borneo (Enrico Borello), alla storia sentimentale che il trapper ha con Fabi (Ludovica Martino), forse l’anello più debole dello script. La parabola del percorso di un Lovely che diventa Lonely Boy è sicuramente classica e scandita per rintocchi ampiamente collaudati, ma l’opera di Lettieri sa come manovrare l’emotività e arrivare a donare anche momenti di estrema dolcezza, come il finale. Una gradita sorpresa e un passo in avanti per la carriera cinematografica di Lettieri, che inizia ad affilare la lama e potrebbe prepararsi al salto di qualità.

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