#FrancoFilmFestival14: Rainier III par lui-même, la recensione del film di Yann-Anthony Noghès

Ranier III, la recensione del film

Il passaggio del principato di Monaco da “principato da operetta” fino alla sua annessione all’ONU: a quasi vent’anni dalla sua morte, Rainier III par lui-même celebra la vita dell’uomo responsabile di ciò.  Il documentario di Yann-Anthony Noghès affronta la vita di Rainier III di Monaco. A partire dalla sua infanzia solitaria e distante dai genitori, proseguendo con l’ascesa al trono di Monaco a soli 26 anni, al matrimonio con la celebre star Grace Kelly in mezzo alla frenesia dei media, i contrasti con la Francia di de Gaulle, fino al riconoscimento del principato come membro delle Nazioni Unite. 

Dai fatti narrati traspare come Rainier abbia dedicato la sua intera vita alla protezione della sua famiglia e del suo piccolo principato, alla ricerca di una soluzione ai problemi creati dai suoi predecessori, mantenendosi sempre fedele ai suoi ideali conservatori.  A raccontare la storia è il principe stesso, tramite delle registrazioni incise da lui stesso, il quale avrebbe sempre voluto scrivere riguardo la sua vita, senza riuscirci in tempo. La sua voce è accompagnata da quella della sua cara amica e attrice francese Fanny Ardant, e scandita su note musicali accattivanti oltre che estratti di interviste e di servizi televisivi. 

Rainer III, la recensione del film

Le immagini di repertorio proposte da Noghés si amalgamano con i documenti ufficiali del film ma al contempo di distinguono completamente da essi, rendendo al meglio il contrasto tra presente e passato. Il regista evita ogni tentativo di mistificazione o romanticizzazione dei fatti, come purtroppo succede spesso nel parlare di figure reali di un determinato spessore, nel tentativo di renderle più appetibili. Anche nei momenti più controversi di quello che per lungo tempo viene considerato come un “paradiso fiscale” la narrazione si mantiene franca e schietta. 

L’impiego delle registrazioni del principe permettono una piena comprensione dei motivi delle sue azioni, nonostante sia parte di una realtà lontana da noi, per quanto geograficamente schiacciata tra Italia e Francia. Oltre alla musica, che conferisce alla narrazione un ritmo più incalzante e, talvolta, addirittura ironico, facendo in modo che sia Rainier stesso a raccontare la propria storia si conferisce al documentario un ancora maggiore alone di autenticità, dando, a chi guarda, l’impressione di star assistendo ad un qualcosa di speciale ed irripetibile.  

In conclusione, Noghès porta sullo schermo la storia di un uomo che fa della forza, del rischio e della verità le colonne portanti della sua carriera e della sua vita, e lo fa mosso da questi stessi principi.

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