La casa – Il risveglio del male, la recensione: un ritorno in grande stile

la casa il risveglio del male recensione film horror

Il prologo de La casa – Il risveglio del male (trailer), in cui vediamo tre giovani in una baita in riva al lago immersa in un bosco, risuona molto familiare agli/alle amanti del cinema horror. Oltre a riportare alla memoria il primo capitolo della saga, il tutto rispecchia i canoni di un tipico slasher – con tanto di final girl, dead blonde e maschio alfa senza cervello. Ma qui la baita è un’abitazione di lusso che strizza l’occhio alle architetture del villaggio svedese di Midsommar; gli spiriti oscuri che si precipitano nei boschi si rivelano essere un drone; la dead blonde ci viene presentata come la dormiente Diane Selwyn di Mulholland Drive e la final girl è il primo personaggio a essere colpito. La dichiarazione di intenti è posta: tutto ciò che vedremo all’interno del film ha una sua tradizione ben consolidata nel tempo, ma le regole sono fatte per essere infrante. O no?

La narrazione, successivamente, si sposta in area metropolitana, un giorno prima degli eventi del prologo. Qui ci vengono presentati i “veri” personaggi principali. Conosciamo Beth (Lily Sullivan) che fa visita alla sorella Ellie (Alyssa Sutherland) e ai suoi tre figli, portando regali e una gravidanza indesiderata. La ragazza torna dalla sorella maggiore poiché costei è sempre stata quella con la testa sulle spalle, quella delle due in grado di risolvere i problemi. Nella stessa notte, significativamente nel momento in cui Beth si confida con Ellie (portandola a un carico superiore di pressioni e responsabilità), la città viene scossa da un forte terremoto, che lascia la famiglia intrappolata nel palazzo.

Il topos del condominio fatiscente aggiunge una nuova connotazione spaziale alla saga: invece di acri di boschi nei quali si può scappare, l’azione è principalmente confinata in un singolo corridoio, eliminando qualsiasi via di fuga. Le cose peggioreranno ancora quando Danny (Morgana Davies), il figlio di Ellie, scopre nel seminterrato del palazzo un varco che lo conduce al famigerato Necronomicon, dal quale viene liberato un demone che si impossessa di Ellie. Il Libro dei Morti riceve qui un importante restyling: le pagine hanno meno testo scritto, predominano i disegni inquietanti e il libro è chiuso da denti di animali affilati come rasoi che si aprono solo quando del sangue cade sulla copertina di pelle umana.

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L’iconografia dei precedenti film di Sam Raimi è amorevolmente disseminata in tutto il film, incluso il familiare orologio che scandisce le ore della notte. Il tono di quest’ultimo capitolo però cambia e si avvicina più a quello del remake del 2013, allontanandosi sia dall’esorbitanza grottesca dei primi due film sia dalla comicità irrefrenabile del terzo. La regia di Lee Cronin è efficacissima, ritorna l’inconfondibile tecnica della shaky cam – resa celebre proprio nel 1981 da La casa – e viene utilizzato molto spesso l’obiettivo bifocale, oltre al grandangolo estremo del fisheye. Tutto ciò incrementa a dismisura il senso di paranoia e disagio dei personaggi e conseguentemente del pubblico. Anche l’incredibile sound design contribuisce a ciò, aumentando le ragioni per le quali questo film meriterebbe assolutamente una prima visione in sala.

La casa – Il risveglio del male inoltre prende in carico elementi di predecessori illustri come L’esorcista, Rosemary’s Baby e Poltergeist, facendo entrare il male più primordiale e oscuro all’interno di una famiglia americana media, che vive in un’area urbana – apparentemente più sicura di un bosco. Cronin, in tutto questo, rende chiaramente omaggio a diversi film dell’orrore: dalla scena dell’ascensore di Shining, ai bulbi oculari e alle motoseghe di Non aprite quella porta, passando per Nightmare e i film di David Lynch e Ari Aster. A proposito di ciò, la performance di Sutherland nei panni di Ellie richiama quella di Toni Collette in Hereditary, ma con una dolcezza decisamente più sinistra e perturbante: Ellie canta ninne nanne per ingannare la figlia minore Kassie (Nell Fisher), per poi passare a urlarle oscenità che nessuna bambina vorrebbe ascoltare dalla propria madre.

Il film d’altronde rappresenta anche un commento ferocissimo al peso sociale relativo alla maternità, il tutto con una messa in scena intrisa di sangue (più di mille litri), di body horror e di uccisioni fantasiose e brutali, che provocheranno sicuramente più di una reazione di paura e disgusto negli/nelle spettatori/trici. Con questo quinto capitolo, Cronin evoca tutti gli aspetti migliori del franchise, pur riuscendo a realizzare un film estremamente personale in grado di far innamorare neofiti/e e nostalgici/che.

Articolo di Ilaria Franciotti. In sala dal 20 aprile.

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