Cocainorso, la recensione: pericolo di avvistamento di orsi in overdose

Cocainorso recensione del film di Elisabeth Banks DassCinemag

Siamo nel 1985. Olaf ed Elsa, una coppia di giovani escursionisti, si godono le foreste incontaminate della Georgia. Discutono del nome da dare ai loro futuri figli mentre sono stesi al sole sulla riva di un torrente, poi dell’imminente matrimonio di fronte ad un panorama spettacolare. Ma ad un tratto il loro sogno romantico è bruscamente interrotto quando Elsa viene aggredita e fatta a pezzi sotto gli occhi del suo fidanzato. Sembra l’incipit perfetto per uno slasher. Stavolta, però, a smembrare la povera ragazza non è un maniaco omicida o un mostro soprannaturale, ma un orso strafatto di cocaina.

Sembra uno scherzo ma in realtà è una delle sequenze iniziali dell’ultimo film diretto da Elizabeth Banks, Cocainorso (trailer). Andiamo con ordine. La storia è ispirata ad eventi realmente accaduti – come ogni horror che si rispetti, no? – anche se, come vedremo più avanti, finisce inevitabilmente per distanziarsene. La premessa però rimane comunque la stessa. Nel 1985 un narcotrafficante si lancia da un aereo con diversi borsoni di cocaina. Tuttavia, il suo paracadute non si apre e il carico di droga viene trovato da un grande orso nero che ne fa uso. Mesi dopo un cacciatore della Georgia scopre il cadavere dell’orso, morto per overdose e rinominato da quel momento dai giornali americani Pablo Eskobear.

Nello scrivere la sceneggiatura, Jimmy Warden attinge a piene mani da questo umorismo al punto che, già a partire dalla prima sequenza, il film finisce per delinearsi più come una commedia pulp e grottesca che come un vero e proprio horror. Ma non è certo questa la nota dolente della pellicola, anzi. La rielaborazione in chiave quasi demenziale di tutti quegli elementi tipici del genere horror – e in particolare dello slasher – è forse l’aspetto che più diverte e soddisfa durante la visione del film. È ad esempio il caso dei panetti di droga che in più momenti assumono quasi i tratti di veri e propri oggetti maledetti, al pari di un più iconico Necronomicon, passando di mano in mano ai vari personaggi e finendo ogni volta per risvegliare la furia omicida dell’orso.

Promosso a pieni voti anche quest’ultimo. Nonostante la CGI piuttosto scadente, l’orso (anzi, più precisamente mamma orsa) si rivela un ottimo antagonista, un assassino con tutte le carte in regola che ci regala alcune scene davvero memorabili. Le sequenze che lo vedono protagonista infatti sono decisamente le più divertenti da guardare. Peccato che durante tutta la prima metà del film scarseggino davvero troppo, sia quelle in cui massacra i protagonisti che quelle in cui lo vediamo semplicemente in botta da cocaina.

Ciò che convince meno è invece la caratterizzazione dei personaggi ridotti, chi più chi meno, a macchiette che ricordano qualche action movie demenziale degli anni ’90. Abbiamo una mamma single (Keri Russell, già star di The Americans) che tenta di ritrovare sua figlia nella foresta, una coppia di criminali (O’Shea Jackson Jr. e Alden Ehrenreich) che litigano come fossero marito e moglie, un boss della droga (Ray Liotta, nella sua ultima apparizione postuma sul grande schermo) che tenta di recuperare il carico andato perso, una ranger imbranata (Margo Martindale) e qui e là qualche bullo adolescente destinato a fare una brutta fine. La sceneggiatura di Warden perde fin troppo tempo tentando di approfondire tutte le sottotrame senza riuscirci mai veramente con nessuna, lasciando il vero protagonista del film in secondo piano e portando lo spettatore a chiedersi quanto manchi ancora prima che l’orso si decida a sbranarli tutti. Alla fine del film ci si affeziona inevitabilmente di più a mamma orso, che sembra comunque più interessante e introspettiva della maggior parte dei personaggi grazie alle smorfie e alle espressioni estremamente umanizzate che la contraddistinguono.

A conti fatti Elizabeth Banks porta in sala uno slasher tutto sommato godibile, divertente e spassoso che però risente moltissimo di un ritmo troppo incostante nella narrazione. Forse non al livello di altri titoli della stessa categoria ma sicuramente un esperimento ben riuscito che permette alla regista di “tirare” un respiro di sollievo. Sembra proprio che la sua carriera non verrà stroncata dall’orso cocainomane.

Al cinema dal 20 aprile.

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