#IFF19: HLM Pussy, la recensione del film di Nora El Hourch

HLM Pussy, la recensione di DassCinemag

Zach (Oscar Al Hafiane) trascorre molto tempo a casa del suo migliore amico e di questi incrocia spesso la sorella Zineb (Salma Takaline). Amina (Leah Aubert), una delle compagne di scuola della ragazza, da tempo osserva il teppista: si è accorta degli sguardi insistenti e invadenti che rivolge alla sua amica e ne è allarmata. Alla festa di compleanno di sua madre, Zineb viene sorpresa da Zach in bagno. Lui vi si introduce senza invito, subito chiudendo a chiave la porta dietro di sé. Avanza verso una Zineb sempre più irrigidita, assente, e, in una manciata di secondi, la sfiora, per poi stamparle un bacio sulle labbra. La ragazza esce dal bagno pietrificata, per poi scoppiare in lacrime una volta riunitasi con le sue amiche. Ascoltata la testimonianza di Zineb, Djeneba (Médina Diarra) – terzo membro delle HLM Pussy – accarezza delicatamente la compagna scossa e resta in silenzio accanto a lei. Amina, d’altra parte, colta dal suo caratteristico stato di esaltazione, propone di attuare il piano da lei elaborato per incastrare Zach quella sera stessa. Zineb dovrà attirarlo nuovamente in bagno, mentre Amina e Djeneba saranno nascoste dietro le tende della doccia per immortalare un nuovo tentativo di molestia.

Presentato a settembre alla 48esima edizione del Toronto Film Festival, il lungometraggio d’esordio della regista e sceneggiatrice franco-marocchina Nora El Hourch si è immesso nel mercato cinematografico direttamente da uno sbocco internazionale. La ricezione di HLM Pussy (trailer) è stata sin dall’inizio piuttosto entusiastica ed il film definito – come suggerito dal titolo inglese Sisterhood – un inno alla solidarietà e alla cooperazione femminile contro la violenza di genere in quanto fenomeno sistemico. È per questo che anche Immaginaria, il festival delle donne ribelli, l’ha voluto fortemente nella sua programmazione.

Viene spontaneo accostare HLM Pussy a due serie tv Netflix, la britannica Sex Education (Laurie Nunn, 2019-2023) e l’australiana Heartbreak High (Hannah Carroll Chapman, 2022-in corso). La prima, nella seconda stagione, ha messo in scena un gruppo di ragazze liceali stringersi attorno ad una compagna molestata sull’autobus e, come reazione all’ennesima aggressione ai danni di una di loro, mettere sinergicamente in campo tutte le forze e le risorse di cui dispongono per chiamare gli abuser alle loro responsabilità ed attuare un’orientata opera di sensibilizzazione nella scuola. Heartbreak High, invece, si è concentrata sull’impatto psicologico e le conseguenti ricadute nella sfera sociale che un atto di violenza sessuale può avere su chi la subisce. Il conflitto di relazione che rimane latente per tutta la prima stagione, vedendosi risolto soltanto alla fine di essa, coinvolge la protagonista e quella che viene presentata come la sua, ormai, ex migliore amica. Le due ragazze, andate insieme ad un concerto, si erano, però, perse di vista e la seconda, di ritorno dall’evento, era stata stuprata. Nel resto della nottata, tentando di contattare l’amica, questa era risultata irreperibile.  

HLM Pussy, la recensione di DassCinemag

Mentre la visione dei due esempi sopramenzionati produce inevitabilmente una forte connessione empatica ed uno scalpitante senso di compartecipazione verso le vicende rappresentate e le loro protagoniste, il film di El Hourch, nonostante il ricco potenziale della situazione e del contesto che racconta, non riesce a condurre il pubblico oltre il suo strato più superficiale. HLM Pussy fallisce proprio laddove, a qualsiasi opera audiovisiva, più si richiede di fare bene: l’impianto narrativo sembra assente. O, comunque, gli avvenimenti che si succedono si qualificano come episodi sconnessi, piuttosto che anelli di una catena che da un determinato stato A iniziale conduce ad uno stato B finale, diverso da quello di partenza e del quale è evoluzione necessaria. In HLM Pussy tutto resta uguale. A risvegliare l’attenzione dormiente dello spettatore ci sono, con cadenza più o meno regolare, gli atteggiamenti carichi di spontanea comicità e il modo diretto ed energico di esprimersi della divertente Amina, così come la personalità carismatica di Djeneba che, con la sua esperienza da giovane influencer, realizza, senza troppo sforzo, momenti dalla portata iconica.

Delle HLM Pussy, l’unica che rimane in penombra, ma su cui, invece, sarebbe stato necessario soffermarsi più a lungo e approfonditamente, è Zineb. Nel corso di tutto il film, la sua volontà viene ripetutamente infranta, con una violenza che non è sempre facile identificare come tale. Non soltanto la ragazza vede la propria dignità lesa da Zach, che pretende e prende con forza da lei, pur non avendo chiesto e ricevuto chiaramente alcun consenso, intimità sessuale e, in secondo piano, emotiva, ma a mancare gravemente di rispetto a Zineb è anche Amina, che non tiene neanche per un attimo in considerazione i personalissimi tempi e modi di elaborazione del trauma dell’amica, inducendola ad esporsi nuovamente all’abuser poco dopo la prima molestia e pubblicando il video che ritrae i due senza, ancora una volta, che Zineb abbia potuto esprimere il suo esplicito consenso. La dualità appena descritta costituirebbe, in effetti, un aspetto interessante e originale del film, se non fosse che l’esplorazione del punto di vista di Zineb resta minima.

HLM Pussy realizza con maggiore convinzione la rappresentazione dello scarto, in termini di opportunità, tra classi sociali differenti, nonché della radicata multietnicità della società francese; quindi, anche delle difficoltà interiori e famigliari che i giovani immigrati di seconda generazione possono incontrare nel tentativo di rapportarsi con la propria cultura d’origine. Questi elementi, tuttavia, non sono sufficienti a salvare dalla sua disorganicità di fondo il film di El Hourch. Peccato, facevamo il tifo per lei.

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