#FKFF22: Hail to Hell, la recensione del film di Lim Oh-jeong

Hail to Hell recensione del film di Lim Oh-jeong

Non è affatto facile andare alle superiori. E Na-mi (Oh Woo-ri) e Sun-woo (Bang Hyo-rin), che preferiscono pianificare il loro suicidio piuttosto che affrontare la gita di classe, lo sanno benissimo. Le premesse di Hail to Hell (trailer) sono brillanti, né mancano di sincerità, senza mai perdere una nota di affettuosa ironia nei confronti delle sue protagoniste, afflitte dal bullismo incessante e crudele da parte dei loro coetanei, e da una vita familiare che fa acqua da tutte le parti.

Na-mi e Sun-woo si avvicinano perché sono prede degli stessi predatori, quasi per caso, senza scegliersi veramente; ma la nuova risolutezza che le unisce quando scoprono che la loro acerrima nemica sembra aver trovato una nuova vita a Seul le lega inevitabilmente in un viaggio di vendetta caotico, esaltante – e sempre più inquietante. La nemesi che cercano, Chae-lin (Jung Yi-ju), è ora parte di una setta cattolica che educa i suoi giovanissimi adepti ad una serie di regole e asservimenti ciechi, regalando loro punti affinché possano raggiungere un lontano, anelatissimo “paradiso” nel Pacifico del Sud. Na-mi e Sun-woo, che speravano di incontrare il mostro di sadismo adolescenziale che conoscevano, per trovarsi poi invece di fronte una ragazzina apparentemente nuova – redenta, materna e felicissima di averle con sé, perché garanti del suo pentimento definitivo e del suo biglietto aereo verso il paradiso.

Fra segreti rigonfi di dolore che piano piano si fanno strada nei corridoi malmessi dei dormitori della setta, richieste imploranti (ma insincere) di perdono e i tentacolari tentativi di avvicinare le due protagoniste alla setta, Hail to Hell riesce a mantenere con maestria linee di trama che s’intrecciano su più livelli ed una tensione pulsante; complice di alcune, piccole ma cataclismiche verità che solo in avanti ed inaspettatamente vengono a galla, e di uno sguardo mai definitivo sugli inintellegibili fanatici che popolano la setta, capaci di attrarre tanto noi quanto le due scapestrate protagoniste. Cade solo avvicinandosi alla fine, con un’esplosione improvvisa di violenza che tuttavia non riesce a veicolare la potenza che pure ci si attenderebbe, ormai con i nervi tesi, da una tale climax, con il rischio di lasciarci a stomaco vuoto.

Sono, talvolta, un po’ claudicanti anche le performance attoriali, dovute in parte ad una sceneggiatura a tratti ancora troppo affezionata ad alcuni dei cliché di rappresentazione dell’adolescenza, e che rischia quindi di rendere i suoi personaggi delle macchiette, seppur divertenti, dalle sfumature stereotipate: Na-mi, costantemente rattristata, con la testa in giù e la voce sempre flebile, immagine assoluta della ragazzina vittima di bullismo, ne è un ottimo esempio.

Va spezzata però una lancia a favore della catarsi finale del film, che ne sbuccia il messaggio come un frutto maturo: il riscatto di Na-mi e Sun-woo, la rinuncia alla vendetta che si erano proposte inizialmente, ha il sapore di una festa gioiosa dell’essere giovane e donna, una celebrazione delle due ribelli che riescono a scuotersi e dimenarsi dalla cappa opprimente delle ingiustizie subite, trovando una nuova forza per affrontare quella che, per molti aspetti, sarà la stessa vita di prima.

Ti potrebbero piacere anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ho letto la privacy policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali ai sensi del Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e del D.Lgs. n. 196 del 2003 cosi come novellato dal D.Lgs. n. 101/2018.