#FEFF25: A Light Never Goes Out, recensione del film di Anastasia Tsang

A Light Never Goes Out recensione del film di Anastasia Tsang Dasscinemag

Il film di Anastasia Tsang A Light Never Goes Out (trailer) ha avuto un discreto successo in patria ed ha fortemente rilanciato il talento cinematografico della diva matura Sylvia Chang con 110 film da protagonista in attivo, 20 sceneggiature e 16 regie. Mei-hsiang (Sylvia Chang) ha appena perso il marito Bill (Simon Yam), un artista di insegne al neon, la figlia è in procinto di sposarsi e trasferirsi in Australia e lei non riesce ancora a staccarsi dalla vita vissuta con il suo amato marito.

Le insegne al neon sono sempre state l’orgoglio di Hong Kong, un simbolo fotografato e filmato da milioni di turisti ed usato in migliaia di produzioni cinematografiche. Ad Hong Kong infatti vivono alcuni tra i più grandi artisti del neon che, si tratti di semplici artigiani o veri e propri scultori, rappresentano parte integrante delle risorse creative dell’isola. Con le trasformazioni giuridiche ed amministrative apportate dalla Cina in questi ultimi anni alcuni elementi caratteristici di Hong Kong sono stati cancellati o sono in via di cancellazione, fra questi ci sono le famose insegne al neon.

Mei-hsiang scopre che Bill non aveva mai lasciato la sua attività di artista ma semplicemente si era messo a fare due lavori per consentire alla figlia di laurearsi, così dopo la morte del marito ecco una mite signora entrare in contatto con il mondo dell’arte delle insegne al neon destinato a svanire e progressivamente distrutto per ordine del governo locale. Mei-hsiang deciderà con l’aiuto della figlia e dell’apprendista del marito, di cui non sapeva nulla e che viveva ospite non pagante nel laboratorio del marito.

Le nuove restrizioni da parte di Pechino sui contenuti dei film di produzione in Hong Kong rendono difficile prendere posizioni scomode o comunque semplicemente critiche verso la Cina, pertanto è necessario fare affidamento alla propria creatività ed alla capacità di comunicare al pubblico certi sentimenti o consentire allo stesso di riconoscersi in certe condizioni senza che il contenuto sia esplicitamente diretto alle problematiche politiche del momento. Se da una parte seguiamo la storia d’amore di Mei-hsiang e Bill attraverso colorati flashback, dall’altra ci troviamo ad assistere all’elaborazione del lutto da parte di madre e figlia, eppure lì nascosti fra le pieghe del racconto, fra luce ed ombra dei neon, ecco comparire diversi rimandi interessanti: la clandestinità dell’apprendista ricorda la condizione semiclandestina di alcuni ragazzi che presero parte alle proteste pubbliche per il diritto di voto, la scelta di partire per l’Australia rimanda chiaramente all’esodo che proprio ora si sta verificando ad Hong Kong, la battaglia per la preservazione delle luci di Hong Kong e la creazione estemporanea di nuove destinate a frantumarsi come mandala nel giro di poche ore ha un chiarissimo significato metaforico che apre le porte ad una resistenza artistica che opera nel sottobosco delle produzioni indipendenti dell’isola nonostante le censure e le repressioni politiche.

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