Please Baby Please, la recensione del film su MUBI

Please Baby Please REcensione del film di Amanda Kramer su Dasscinemag

Debuttato nel gennaio 2022 all’International Film Festival di Rotterdam, Please Baby Please (trailer) è il nuovo lungometraggio di Amanda Kramer. Anni Cinquanta. Arthur (Harry Melling) e Susan (Andrea Riseborough) sono una coppia bohémien di novelli sposi che si trasferisce nel Lower East Side per iniziare una nuova vita insieme. Lei casalinga e lui sassofonista, la dinamica relazionale tra i due è decisamente atipica rispetto a quella dell’epoca: Susan infatti è una sfaccendata trasgressiva e rissosa, incapace di conformarsi agli standard della housewife tradizionale, mentre Arthur è un marito remissivo, riflessivo ma anche un po’ inetto, è infatti un musicista con il sassofono rotto quindi incapace in qualche modo di soddisfare il ruolo del breadwinner. Lo strumento musicale rotto possiede in sé una potente metafora fallica, rappresentando in qualche maniera la sua castrazione e la sua incapacità di sottomettere: il sottotesto del film, infatti, è niente di meno che una riflessione analitica riguardo i ruoli e l’identità di genere.

Appena arrivata nel quartiere, la giovane coppia assiste alle scorribande di una cricca di criminali vestiti in pelle e borchie, gli Young Gents (fin da subito evidente citazione ai Jets di Robbins e Wise). L’incontro con questa violenza brutale e virile mette in subbuglio la vita dei due, i quali si troveranno a mettere in discussione la loro identità sessuale e di genere, ma anche i loro ruoli sociali e culturali.

L’impianto del film è decisamente teatrale, infatti si avvicina molto al musical non solo dal punto di vista del ritmo e della struttura, ma anche per l’utilizzo della musica che molto spesso è di commento rispetto ai dialoghi lirici e assurdi. Visivamente si riscontra anche una forte influenza del linguaggio dei commercials e dei videoclip, che ben si collegano all’esperienza di Kramer come musicista e drammaturga. La fotografia riprende toni neoespressionisti, abbondando di effetto flou, luci al neon iper-saturate e macchine da fumo, in perfetto stile Querelle (1982), accostandosi anche a quel filone contemporaneo di registi come Bertrand Mandico e Yann Gonzalez.

La recensione del film Please Baby Please di Amanda Kramer su DassCinemag

Il cast è accuratamente selezionato e figura le punte di diamante del cinema indipendente come Andrea Riseborough, fresca di candidatura all’Oscar per l’ottima interpretazione in To Leslie e novella Mink Stole e Harry Melling, talentuosa ex star di Harry Potter che si è fatta notare ultimamente nei film dei fratelli Coen. Calzante nel ruolo di Teddy, il leader degli Young Gents, c’è anche Karl Glusman, collaboratore di Noé e Refn, vestito di tutto punto come il protagonista di Scorpio Rising di Kenneth Anger. Apprezzabili anche i cameo di Demi Moore e Dana Ashbrook, non unico tra i numerosi riferimenti lynchiani del lungometraggio.

Please Baby Please è un film divertente, originale, innovativo e non banalizza il discorso sull’identità. L’ambientazione anni Cinquanta risulta assolutamente utile nello sviluppare una riflessione di questo tipo, un’epoca in cui i ruoli di genere tradizionali venivano fortemente imposti e reiterati anche da un certo cinema classico. Ci troviamo d’altronde ancora in pieno codice Hays, dove ogni trasgressione veniva soffocata sotto ruoli di mascolinità esasperata e oppressiva.
Il gruppo degli Young Gents, i “giovani gentlemen” impone la propria virilità esercitando violenza con mazze, bastoni e coltelli, simboli fallici, ma portando con sé un’estetica sadomasochistica di cui la comunità LGBTQ+ si è ormai da tempo appropriata. Emblematico segno è la presenza di un drag king nel gruppo, Dickie, interpretato dall’attrice non binaria Ryan Simpkins.

Arthur, nella sua mascolinità incapace di conformarsi alle regole tradizionali, vede in Teddy qualcosa a cui aspirare, attirato sessualmente da un modello virile che non gli appartiene e mai gli apparterrà. Dal canto suo Susan ben presto inizia in qualche modo a desiderare di subire dal marito quella stessa violenza masochistica, spinta anche dall’incontro con una diva in declino che ben incarna l’ideale hollywoodiano a metà tra femme fatale e angelo del focolare. Il percorso di Susan la porta però verso la riproduzione di questo modello di mascolinità esasperata, finendo per voler apparire proprio come Teddy.

Mascolinità egemone e femminilità passiva si ribaltano, entrano in discussione, concetto esasperato anche da un brano della colonna sonora che ricorda Conquest, traccia del 1950 cantata da Patty Page e resa celebre dalla cover dei The White Stripes, il quale rappresenta proprio una dinamica rovesciata di preda e predatore che diventano vittima e predatrice.

I ruoli e l’architettura di genere sfumano i propri contorni e si fondono in un’esplosione camp, rielaborazione di tutta una cultura queer che viene dallo sperimentale e dall’underground, dalla psichedelia degli anni ’60 e ’70 al musical gay come Rocky Horror Picture Show, ma anche dal melodramma sirkiano che pure era stato d’ispirazione per registi come Fassbinder e Waters. È proprio a quest’ultimo e in particolare a film come Cry Baby e A morte Hollywood che Kramer si ispira in modo evidente, dimostrando anche un’ampia conoscenza di una storia del cinema spesso sottovalutata e trascurata ma tuttora potente e più che mai influente.  

Please Baby Please è un’esperienza visuale camp e psichedelica che farà impazzire gli amanti del genere e tutti coloro che sono ben disposti ad essere avvolti dal trash.

Disponibile su MUBI Italia a partire dal 31 marzo.

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