Ancora un’estate, la recensione: menzogne e perversioni

Ancora un'estate recensione film di Catherine Breillat

Parlare di incesto pone inevitabilmente chiunque si accosti all’argomento su un terreno a dir poco accidentato. Eppure, Catherine Breillat, nota per le sue opere provocatorie dalle tematiche scabrose, decide di mettere in scena una storia del genere e di riflettere sull’abitudine alla menzogna, che sembra appartenere anche ai soggetti più integerrimi.  Ancora un’estate (trailer), presentato al Festival di Cannes del 2023, racconta lo scandalo di Anne (Léa Drucker), avvocatessa specializzata in abusi minorili e la sua tormentata relazione con il figliastro, interpretato dal giovanissimo Samuel Kircher

Prendendo spunto dall’esperienza danese del film di May el-Toukhy, datato 2019, Dronningen, conosciuto a livello internazionale come Queen of Hearts, Catherine Breillat si inserisce nel dibattito collettivo in modo peculiare, con una posizione non condiscendente al pensiero dominante. Nel racconto che la regista mette in scena, si palesa un’accusa durissima nei confronti della contemporaneità, la cui dialettica è solita guardare con sospetto, se non con aperta ostilità, qualsiasi comportamento che possa essere ricondotto alla sfera dell’ambiguo. 

Infatti, nonostante questo film presenti le caratteristiche del dramma borghese, la regista si spinge volutamente oltre i confini del consono, per immergersi in una narrazione ai limiti della liceità morale. Così, come il tema della stabilità matrimoniale viene violato dalla lascivia dei due amanti, inquadrata perfettamente con estrema crudezza, anche quello della professionalità lavorativa viene indagato nei suoi motivi più ossimorici. Anne, che per lavoro tutela quell’adolescenza abusata da un potere adulto, che può dominare senza che la vittima se ne renda conto, finisce per compiere le stesse manipolazioni subite dai suoi clienti. Non è, infatti, casuale che, a fianco del racconto principale, Breillat mostri l’evoluzione di una delle cause da lei trattate. Questa vede per protagonista una sedicenne, oggetto di violenza da parte del padre a cui, per sua stessa scelta, è stata affidata dopo il divorzio dei genitori. 

A brillare particolarmente è il talento di Léa Drucker che, dopo aver incarnato l’ossessione per la giovinezza nel suo precedente film Incredibile ma vero, in Ancora un’estate riesce ad alternare una passionalità e dolcezza incredibili ad un diabolico cinismo. Quest’ultimo la porta a mentire in modo spudorato, ma inaspettatamente convincente, al marito, a cui il figlio aveva rivelato tutto. La sua esperienza giudiziaria e la sua placida imperturbabilità le consentono di attraversare indenne l’uragano generato dalle sue azioni scellerate.  

Il finale sospeso suggerisce come l’intento della regista non fosse quello di raccontare la liberazione sessuale, la perdizione estatica dei sensi e il loro compimento ma, piuttosto, riflettere sulle ragioni per cui la sessualità abusata sia stata bandita come oggetto di discussione dal discorso collettivo, anche in ambito cinematografico. È proprio nel cinema, invece, che Catherine Breillat manifesta la propria libertà, quella possibilità di svelare agli occhi dello spettatore ciò che quotidianamente viene celato negli inviolabili luoghi dell’intimità.

Dal 7 marzo al cinema. 

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