Totem – Il mio sole, la recensione: uno spiraglio di luce nell’oscurità

Totem - il mio sole, la recensione del secondo film di Lila Avilés Dasscinemag

Discorsi bisbigliati, risposte evasive, l’impressione di essere sempre un orecchio indiscreto: Totem – Il mio Sole (trailer), seconda prova registica della messicana Lila Avilés, rappresenta esattamente cosa significhi vivere l’infanzia assistendo alla vita disordinata degli adulti.  

Durante i preparativi per la festa di compleanno del padre, Tona (Mateo García Elizondo), pittore ventisettenne costretto a letto da una malattia terminale, la piccola Sol (Naíma Sentíes) vaga per l’accogliente casa dei nonni paterni. Attorno a lei ci sono le zie e i cugini che collaborano all’organizzazione dell’evento gioioso. La bambina, impaziente di mostrare al padre la buffa sorpresa preparata assieme alla madre, chiede più volte alle zie di poterlo vedere, venendo però liquidata frettolosamente. Ciò instaura nella sua mente delle preoccupazioni e dei tormenti insoliti per una bambina di sette anni. Grazie alla propria determinazione e perspicacia, Sol riesce a recepire molto più di quanto la sua famiglia voglia dirle

Oltre ai familiari e gli affetti della protagonista, a popolare il film troviamo anche le piccole creature che abitano la rigogliosa natura che circonda la casa. Gli animali assicurano un’atmosfera mistica, che ci permette di raggiungere una dimensione protetta, quasi eterea. In evidente contrasto con la grande sofferenza di Tona e del resto della famiglia: il loro equilibrio s’incrina gradualmente per la tensione e la paura di un tragico epilogo. 

Sol dimostra da subito di essere pienamente in sintonia con lo spettatore. Quest’ultimo assiste alla sua vicenda finendo per identificarsi appieno con lei e con il resto dei familiari, nella loro preoccupazione per la possibile perdita di un padre, di un fratello, di una persona amata. Le ore che precedono la festa sembrano dilatarsi immensamente quando rappresentano il dolore di Tona e delle sue sorelle, mentre sembrano dissolversi subito quando riflettono i pochi momenti di gioia e leggerezza.  Le scelte registiche di Avilés dimostrano una certa familiarità con quanto narrato e mostrato. Ciò traspare anche dall’estrema verosimiglianza tale da rendere possibile a tutti di empatizzare con i personaggi della storia, economicamente al lastrico ma pur sempre arricchiti dall’amore che provano l’uno per l’altro.  

Anche la dedica del film alla propria figlia viene ripresa in maniera speculare nel film stesso, con il dipinto che Tona regala alla sua bambina: s’intravede un palese parallelismo, tra la regista e il pittore, nella creazione della loro opera, contenente una parte di sé che non potrà essere scalfita dal tempo. L’amore è la forza generativa dei lavori di entrambi. 

Il finale della vicenda ci lascia la piena libertà di deciderne l’epilogo: scegliere se far prevalere la ragione o la speranza spetta al pubblico. Ciò porta il percorso di crescita di Sol e la celebrazione della vita come reazione alla morte inevitabile a non esaurirsi entro i titoli di coda, bensì a protrarsi oltre. Allo stesso modo, anche il tenero amore tra genitore e figlia, che viene rappresentato, è destinato a perdurare, nonostante la morte o la lontananza  

Dal 7 Marzo al cinema.

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