Alien Nights: al cinema tutti potranno sentirvi urlare

Alien Nights: l'approfondimento di DassCinemag sul personaggio di Ellen Ripley

Lo scorso 26 aprile la Lucky Red ha annunciato il ritorno in sala dei primi due capitoli di una delle saghe cinematografiche di fantascienza più amate di sempre: stiamo parlando di Alien di Ridley Scott e Aliens – Scontro finale di James Cameron (trailer), che torneranno nei cinema italiani il 29, 30 e 31 maggio. L’annuncio è stato fatto in occasione dell’Alien Day, la ricorrenza annuale che fa riferimento proprio alla memorabile luna LV-426, sulla quale l’astronave Nostromo atterrò nell’ormai lontano 1979.

All’epoca della sua uscita in sala, il film di Ridley Scott rappresentò un vero e proprio spartiacque e si impose immediatamente come punto di riferimento per il genere fanta-horror, aprendo la strada a molte opere successive come La cosa di John Carpenter, uscito appena 3 anni dopo. La rilevanza che il film acquisì fin da subito nell’immaginario collettivo è senza dubbio dovuta in gran parte al lavoro di un altro genio senza il quale, con molta probabilità, lo xenomorfo non avrebbe infestato gli incubi degli spettatori e le menti di molti altri artisti per oltre 40 anni. Il lavoro minuzioso di H.R. Giger sul design dell’alieno rappresenta forse l’elemento che più di tutti contraddistingue l’intera saga e che la rende ancora oggi una fonte apparentemente inesauribile di ispirazione.

Tuttavia Alien non si può ridurre soltanto a questo, alle sole atmosfere o ambientazioni che, seppur suggestive, non sarebbero mai bastate a fare della terza pellicola di Scott un vero e proprio cult. Si è trattato di un mix perfettamente bilanciato di diversi elementi, a partire dalla sceneggiatura di Dan O’Bannon fino ad arrivare all’iconico personaggio di Ellen Ripley, interpretata all’epoca da un’ancora sconosciuta Sigourney Weaver.

Fu proprio Scott ad intuire il potenziale di una protagonista femminile per il film, in un periodo come quello della fine degli anni ’70 in cui si assisteva alla nascita di una seconda ondata di femminismo, ma soprattutto per una storia di fantascienza che a mano a mano aveva preso sempre di più l’aspetto di uno slasher ambientato nello spazio.

La nave da trasporto Nostromo è in viaggio verso la Terra quando il computer di bordo, MOTHER, intercetta un segnale di soccorso proveniente dal satellite di un pianeta sconosciuto. Il capitano Dallas (Tom Skerritt), insieme a Kane (John Hurt) e Lambert (Veronica Catwright), sbarca sulla luna, la LV-426, per indagare sull’origine del segnale, scoprendo i resti di una nave spaziale. Lì un parassita alieno si attacca al volto di Kane, che viene riportato d’urgenza a bordo della Nostromo. Da quel momento in avanti per il resto dell’equipaggio ha inizio un vero e proprio incubo. Nel corpo di Kane, infatti, è stato impiantato un embrione che una volta uscito e cresciuto velocemente inizia ad uccidere uno ad uno i membri della Nostromo.

Paradossalmente, quindi, Ellen Ripley ha molti più aspetti in comune con personaggi come Sally Hardesty (Non aprite quella porta, 1974) o Laurie Strode (Halloween, 1978) che con altre protagoniste di film di fantascienza, come ad esempio la principessa Leia. Infatti, proprio come Sally e Laurie, Ripley è la prima a percepire il pericolo quando Kane viene riportato a bordo con la forma di vita aliena attaccata al volto e l’ultima a rimanere in vita alla fine del film. L’unica tra i membri dell’equipaggio della Nostromo, diventata una specie di gigantesca e intricata trappola per topi, a sopravvivere allo xenomorfo facendo affidamento solo ed esclusivamente su se stessa e sulle proprie capacità. Per questo motivo gli studiosi di cinema concordano nel considerarla a tutti gli effetti una final girl in piena regola.

Ma se questo è vero per quanto riguarda il primo film della saga, un discorso diverso va fatto per il suo sequel, diretto da James Cameron sette anni dopo. In Aliens – Scontro finale Cameron ci dà una diversa interpretazione del personaggio di Ripley. La protagonista, infatti, si avvale di un ulteriore significato. Dopo essere stata salvata mentre andava alla deriva nello spazio, Ripley torna su LV-426 per aiutare una squadra di marines a ristabilire le comunicazioni con una comunità di coloni della Weyland-Yutani. Al loro arrivo però l’impianto è deserto e l’unica superstite è una bambina, Newt.

Se la si osserva più attentamente, cercando di ignorare il carattere più guerrafondaio delle numerose sequenze d’azione, l’opera di Cameron rivela un altro tema, forse anche più importante e centrale nella sua interpretazione: quello della maternità. Ripley non è più una final girl, o almeno, non è più solo una final girl. Non deve più pensare a salvare esclusivamente se stessa, ora ha la responsabilità della piccola Newt e anche degli stessi marines, che fanno affidamento su di lei proprio come un bambino fa affidamento sulla mamma. Da questo punto di vista è interessante notare come il sergente Vasquez (Janette Goldstein), personaggio femminile altrettanto forte e determinato, incarnazione di una final girl più tradizionale, muoia poco prima della fine del film. Cameron sembra in qualche modo suggerirci che non esista una final girl più forte di una madre.

Dopotutto le pellicole del regista americano sono costellate di moltissime figure materne che imbracciano le armi per difendere i propri figli, a partire da Terminator 2 – Il giorno del giudizio fino ad arrivare ad Avatar – La via dell’acqua. Del resto, anche lo scontro finale della pellicola è sostanzialmente uno scontro tra due figure materne: da una parte Ripley, che tenta di proteggere Newt e dall’altra la Regina, che tenta di proteggere il nido. Le due sono indissolubilmente legate dallo stesso primordiale desiderio, a tal punto che inizialmente sembrano quasi stipulare un patto che però è inevitabilmente destinato ad essere infranto. Probabilmente è stato proprio il loro indimenticabile combattimento che ha permesso al personaggio di Ripley – all’interno dell’iconico mecha giallo – di imporsi nella mente degli spettatori come l’eroina per antonomasia del cinema di fantascienza.

“Rapporto finale del veicolo spaziale Nostromo, da parte del terzo ufficiale. Gli altri componenti dell’equipaggio Kane, Lambert, Parker, Brett, Ash e il comandante Dallas sono morti. Carico e nave sono distrutti. Dovrei giungere alla frontiera tra sei settimane. Se sono fortunata la sorveglianza mi porterà in salvo. Parla Ripley, unica superstite del Nostromo. Passo e chiudo.”

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