Jonathan Glazer in The Zone of Interest trova un nuovo modo di raccontare le brutalità dell’Olocausto non raccontandole, lasciandole in sottofondo ad un affresco di felice famiglia tedesca hitleriana, le inquadrature in alta risoluzione digitale si concentrano sulla famiglia Höss lasciando sullo sfondo la mostruosità di Auschwitz che in questo modo diventa molto più plateale e rumorosa, una presenza mostruosa e perturbante nella quiete apparente dell’immagine ariana di una famiglia media nazista.
Rudolf Höss (Christian Friedel) è un giovane uomo gentile e sensibile, elegante, ama sua moglie, i suoi bambini ed i cani in generale, è una persona precisa e meticolosa, un animo semplice ed un ragazzo dai modi gradevoli. Rudolf Höss è un membro del Reich in carriera e comanda il campo concentrazionale di Auschwitz. Hedwig Hössè (Sandra Hüller) una donna gentile e ricca di creatività, ama la cucina fatta in casa, ama il giardinaggio ed abbellire il suo delizioso giardino per creare ambienti armoniosi e gradevoli per i suoi figli, per questo adora così tanto la sua villetta costruita a fianco delle mura di Auschwitz. I fiori di Hedwig crescono rigogliosi, sono piccole meraviglie che aiutano a soffocare l’odore dei forni crematori, le viti nascondo il muro del campo di concentramento ed il piccolo paradiso viene infranto solo dalla ciminiera dei forni e dalla locomotiva che consegna i deportati.
Ogni domenica la famiglia Höss fa una bella gita al fiume, si può nuotare, prendere il sole e giocare, magari si fa pure una piccola escursione in canoa, non succede mai nulla di male, tranne quella volta in cui papà Höss ha trovato dei resti di ossa umane sotto i suoi piedi, tornati a casa di corsa hanno disinfettato i bambini che però hanno vissuto la cosa come un gioco, un’altra piacevole domenica della famiglia Höss si è conclusa.
Il vero turbamento viene quando il capofamiglia deve trasferirsi per ragioni di carriera, il punto di crisi del racconto è lo scontro fra Rudolf ed Hedwig che deciderà di non trasferirsi ma rimanere in un luogo meraviglioso come Auschwitz con i suoi figli e la sua pace nel giardino, in fondo le urla delle donne e gli spari sono solo rumori lontani dal loro benessere.
Un film potente, che gioca sulla delicatezza dei dettagli e sulla potenza dei simboli nascosti fra un campo lungo ed un movimento di macchina piuttosto che su sequenze esplicite e spettacolari. Nel film di Glazer l’incubo sta nella formalità della resa visiva, l’orrore si cela nella composizione da cartolina delle sequenze di famiglia, la mostruosità dell’Olocausto passa attraverso la banalità, la lucida follia di chi ne organizzava l’esecuzione. Un film importante e originale, una delle migliori opere di Cannes 2023.