#Venezia80: Bastarden, la recensione del film di Nikolaj Arcel

Bastarden

Nikolaj Arcel arriva per la prima volta a Venezia con alle spalle una carriera finora alquanto particolare. Bastarden (trailer), in Concorso alla 80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, è soltanto il terzo film distribuito internazionalmente di un regista che dalla Danimarca aveva ottenuto l’attenzione globale ormai più di dieci anni fa con Royal Affairs, Orso d’argento al Festival di Berlino e nominato agli Oscar come miglior film straniero. Un successo che in breve lo aveva catapultato nella schiera di autori del cinema scandinavo. In mezzo, in quest’ultimo decennio, l’infelice esperienza americana, la caduta del commerciale, la corruzione del blockbuster hollywoodiano che gli aveva fruttato un sonoro insuccesso con The Dark Tower.

A undici anni da Royal Affairs, con Bastarden Arcel torna esattamente da dove aveva cominciato. Non solo da un circuito festivaliero, ma da una produzione danese ambientata nella Danimarca del Settecento, con un film in costume che proprio come nel precedente poggia tutto il suo peso sulle spalle dell’attore Mads Mikkelsen. Se non fosse che stavolta gli ambienti di corte e gli intrighi nobiliari fanno posto a banditi ed ex soldati, terre incoltivate e lande desolate. Come quella dello Jutland, inospitale penisola divisa tra Danimarca e Germania che nel XVIII secolo si presentava come terra di nessuno. Da qui partono le ambizioni di Ludvig Kahlen, ex capitano dell’esercito in pensione, di umili origini, che con cieca caparbietà si mette in testa di poter colonizzare le lande disabitate dello Jutland in nome del re. In palio, un titolo nobiliare da lui inseguito strenuamente, non tanto come forma di riscatto sociale quanto come rivalsa personale. La sua impresa impossibile attira però l’inimicizia di Frederik de Schinkel (Simon Bennebjerg), un signorotto locale che con presunzione avanza pretese su quella terra. La lotta tra i due degenererà presto in guerra aperta, travolgendo le vite degli emarginati riunitisi intorno al protagonista, tra cui la serva Ann Barbara (Amanda Collin) e la piccola Anmai Mus (Melina Hagberg).

Quella di Bastarden è la storia di uomini in grado di vedere soltanto l’oggetto della propria ambizione, offuscati a tal punto da farsi terra bruciata durante il proprio cammino. Ma è anche una storia che parla di famiglia, quella che Kahlen non ha mai avuto né cercato e che finisce per costruire quasi come incidente di percorso. Ambizione e famiglia, aspirazioni e affetti, caos e ordine costituiscono un dualismo perfettamente personificato dai personaggi al centro del conflitto. Apparentemente dissimili per estrazione sociale, per indole e comportamento, Kahlen e Schinkel formano due nemesi accomunate dalla stessa volontà di potenza, nonché dall’incapacità di fermarsi davanti alle conseguenze delle proprie azioni.

Non per ultimo, Bastarden è un film sulla paternità. Quella mancata al protagonista, figlio di una serva violentata dal suo padrone e per questo ossessionato dal diventare a sua volta un aristocratico. Quella rappresentata dalla colonia da lui formata, punto di raduno per reietti verso i quali Kahlen vorrebbe essere buon padrone e benefattore. Un ruolo che potrebbe avere un effetto salvifico sul rude carattere dell’ex capitano, in contrasto con i suoi progetti individualistici. Mads Mikkelsen riesce in modo superbo ad incidere sul suo volto i tumulti di un personaggio così complesso, la crisi di un’anima costantemente scissa e quella di un uomo che non conosce più il prezzo di ciò per cui lotta.

Nikolaj Arcel costruisce con freddezza e misura un racconto epico sui desideri umani, una parabola di riscatto e ambizione, di violenza e rivalsa. Una storia che parla di frontiera e di limiti, quelli che se oltrepassati rischiano di far perdere di vista ciò che conta davvero, trasformando qualsiasi vittoria in un’arida solitudine. Con un intreccio semplice ma estremamente drammatico e un Mads Mikkelsen gigantesco, Bastarden si candida ad essere una delle sorprese più imponenti di questa edizione veneziana.

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