#MedFilmFestival29: The Vanishing Soldier, la recensione del film di Dani Rosenberg

The Vanishing Soldier recensione del film di Dani Rosenberg presentato al Med Film Festival

In un clima di tensione altissima dovuta ai recenti sviluppi del conflitto israelo-palestinese, il MedFilm Festival presenta in concorso un film potente ed audace: si tratta di The Vanishing Soldier (trailer), scritto e diretto dal regista israeliano Dani Rosenberg

Shlomi (Ido Tako), un giovanissimo soldato israeliano che sta combattendo sulla striscia di Gaza, abbandona il campo per tornare a Tel Aviv e salutare la sua ragazza prima che parta per il Canada. Ciò che all’inizio è un atto rivoluzionario promosso con grandissima vitalità diventa ben presto un’arma a doppio taglio nelle mani di Shlomi, che non solo si vede costretto dalla madre e dai comandanti dell’esercito da cui sta scappando a tornare al più presto alla base militare, ma diventa inconsapevolmente la causa scatenante di nuovi attacchi di Israele nel territorio palestinese (il governo israeliano è convinto che il ragazzo sia stato catturato), macchiandosi di una colpa gravissima.

Così lo spettatore segue incessantemente questa folle missione d’amore, un’avventura che ha la durata di un giorno e vede il ragazzo alle prese con una lotta contro il tempo e chi lo vuole di nuovo al fronte. La corsa di Shlomi è intervallata dagli incontri e le tappe obbligate che lo spingono a fermarsi. In realtà, l’incontro con l’amata Shiri avviene ben presto, se si guarda lo svolgimento della trama e la durata complessiva del film, e questo da una parte destabilizza lo spettatore, che si vede catapultato direttamente verso quello che con queste caratteristiche sarebbe il ricongiungimento con l’oggetto del desiderio e quindi la conclusione, dall’altra dà modo a Rosenberg di presentarci mille altre situazioni, spaziare tra il registro comico e quello drammatico e darci un quadro sempre più accurato del protagonista.

The Vanishing Soldier recensione del film di Dani Rosenberg presentato al Med Film Festival

Tuttavia il tempo concesso all’approfondimento del personaggio di Shlomi non basta a decifrare la sua interiorità, lasciando lo spettatore perplesso sulle vere motivazioni che lo spingono a compiere l’atto iniziale. Molte cose legano il ragazzo al fronte (il volere dei suoi genitori, le operazioni dell’esercito israeliano contro Gaza per liberarlo dalla sua prigionia inesistente), molte di più lo legano a Tel Aviv (Shiri, la famiglia), ma niente per il ragazzo sembra essere meno importante della guerra. Shlomi è certamente un ragazzo in piena crisi esistenziale, e questo emerge soprattutto nelle potentissime scene finali magistralmente realizzate da Rosenberg, ma quando si tratta della guerra dimostra tutta la sua estraneità. Anche nei momenti di maggior tensione, come durante il breve allarme lanciato a Tel Aviv dopo un attacco, Shlomi continua a vivere a testa alta, simbolo di una gioventù che ripudia la guerra non solo fisicamente ma anche e soprattutto mentalmente, respingendo con pensieri nuovi il suono delle bombe e le luci dei razzi che esplodono nel cielo.

Per interpretare un personaggio così complesso e simbolico il giovanissimo Ido Tako si rivela fondamentale e insostituibile, come se la parte fosse stata scritta per lui; nel suo sguardo c’è qualcosa di infantile che cela, dietro al corpo adulto del soldato, il bambino che sogna l’amore. Shlomi non ha tempo da perdere, per questo la sua è una corsa continua, e Ido Tako esprime al meglio questa dinamicità con una grande padronanza del corpo e dei movimenti.

Con The Vanishing Soldier Rosenberg si pone un obiettivo difficilissimo, quello di parlare di rifiuto della guerra in un Paese che la porta avanti da anni, col candore di un ragazzo innamorato. Shlomi ci fa perdere nella sua lunga corsa verso casa ma forse questo suo continuo girovagare e i buffi incontri che fa nel suo percorso sono solo un modo per prendere tempo e riflettere su come andare avanti. Così, alla fine, non ci perdiamo. Riflettiamo con lui.

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