The Idol, la recensione: da vittima a manipolatrice 

The Idol recensione della serie di HBO

HBO, madre delle più celebri produzioni seriali degli ultimi anni, investe in un progetto ambizioso: realizzare una serie quality dalla visualità accattivante che indaghi i retroscena dell’industria discografica americana, coinvolgendo due stelle indiscusse del firmamento hollywoodiano ed il creatore di Euphoria, tra i prodotti più riusciti degli ultimi anni. The Idol (trailer) gode della firma del suo autore, Sam Levinson, catalizzando l’attenzione di un pubblico avvezzo ad un certo tipo di serialità di spessore. 

Jocelyn, interpretata da Lily Rose Depp, è una promessa del panorama pop che fatica a risollevare le sorti della propria carriera dopo la morte della madre. In un susseguirsi di traumi irrisolti e violente perversioni legate al passato, incontra Tedros (The Weekend), proprietario di un club e losco mecenate di artisti emergenti. Un amore tossico e pestilenziale, a tratti impetuoso, fagocita l’esito della storia e le vicende dei singoli personaggi, dando luogo a teatrini sessuali disturbanti. Se l’estetica di The Idol costituisce l’aspetto più riuscito della serie, grazie ad una fotografia ricercata e alla caratterizzazione esteriore dei due protagonisti, il plot fatica a decollare, deludendo sin da subito le aspettative dello spettatore: la storia si arena subito dopo l’incontro di Jocelyn e Tedros, impedendo l’approfondimento di sottotrame riguardanti personaggi comprimari come Leia (Rachel Sennott).

The Idol recensione della serie di HBO

Il rapporto fra i due non presenta margini evolutivi, arrestandosi alle numerose scene di sesso spettacolarizzato e al persistente nudo in scena di Jocelyn, di cui si fatica a comprendere la ragion d’essere. Una miscela farraginosa che procede nel corso delle cinque puntate senza un indirizzo certo, disorientando l’osservatore. Sembrerebbe che la madre dei Soprano abbia puntato troppo su Levinson, restituendoci un prodotto promettente ma già scarico in partenza. I primi quattro blocchi narrativi lasciano credere che Jocelyn si lasci manipolare da Tedros (ritratto come un pappone ammanicato e criminale) a causa di un passato di violenze subite da sua madre. Il percorso di rinascita musicale intrapreso dai due giunge ad un turning point decisivo che stravolge la struttura diegetica precedente: assistiamo ad uno scivolamento di ruoli, da vittima a manipolatrice, piuttosto forzato e per certi versi poco credibile. 

La storia sui retroscena più oscuri dell’industria discografica hollywoodiana si trasforma nel racconto di una manipolatrice seriale disposta a tutto – sfruttare il suo unico amore e i suoi migliori amici – pur di raggiungere il proprio scopo, quello del successo. E qui arriviamo alla scena conclusiva, con lo sbarco di Tedros sul palco (accanto a Jocelyn), che ha tutta l’aria di un cane al guinzaglio, il cui compito provvidenziale si è appena concluso. Se l’obiettivo della writer’s room doveva essere quello di sconvolgere le aspettative del fruitore, sorprendendolo sul finale, la sensazione complessiva è spiacevole, quasi deludente, vanificando le tappe trascorse in precedenza. Onore al merito per il personaggio di Leia, che ricorda tanto il ruolo di osservatore super partes di Lexi in Euphoria. Il personaggio interpretato da Lily Rose Depp vuole rievocare quello di Rue? Seppur fosse, la riuscita è lontana dal successo sperato, a causa di una recitazione spesso manieristica ma povera di contenuto. 

HBO, madre della quality television, questa volta non decolla. 

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