Il Cavaliere Oscuro: le Due Facce dell’America contemporanea

Il 14 luglio 2008 veniva mostrato in anteprima mondiale a Buenos Aires e New York Il Cavaliere Oscuro, il secondo capitolo della trilogia su Batman diretta da Christopher Nolan. Dopo quindici anni, possiamo chiaramente osservare come la sua uscita stravolse le regole del genere e la carriera del regista. Dopo il grande successo di Batman Begins (2005), infatti, Nolan ottenne dalla Warner Bros una maggiore libertà creativa sul sequel, potendo così realizzare pienamente l’idea che aveva sul supereroe, senza la necessità di introdurlo al pubblico o eccessive imposizioni produttive. Il suo progetto era molto ambizioso: un film basato su un fumetto con la credibilità artistica di un qualsiasi altro film d’autore più sofisticato, smarcandosi definitivamente dall’idea che questo genere potesse produrre solo storie leggere e di facile intrattenimento.  

A livello tecnico, perseguì quest’obiettivo attraverso l’uso innovativo e rivoluzionario della tecnologia IMAX, macchine da presa di grande formato fino ad allora utilizzate principalmente per documentari. Nolan, da sempre interessato a fornire la miglior esperienza cinematografica possibile allo spettatore, girò sei scene in questa modalità, garantendo una resa visiva e sonora dall’alto impatto spettacolare ed immersivo. L’IMAX venne sdoganato per il cinema commerciale (ipotesi fino a quel momento non presa in considerazione per la dimensione delle cineprese e per il loro costo) per diventare quasi imprescindibile nei grandi film-evento mainstream (Avengers: Infinity War sarà il primo film girato interamente in IMAX, nel 2018).  

Il film, poi, adotta un registro più serio rispetto ai precedenti cinecomics, con tematiche più attuali, una fotografia cupa ed un forte impianto realistico, per quanto riguarda il trucco, i costumi, la scenografia e la narrazione in generale. L’aspetto del Joker non è più clownesco e colorato come nelle rappresentazioni precedenti. Il suo look è decisamente più inquietante: quello interpretato dal compianto Heath Ledger, infatti, è un anarchico cinico e senza regole, un cane sciolto che vede il mondo come una barzelletta e si diverte a farlo sprofondare nel caos. Il suo trucco è approssimativo e sbavato, con un “sorriso” prolungato da due profonde cicatrici rosse, ha un abbigliamento sgualcito, più da clochard che da pagliaccio, infine, non possiede più i giochi mortali che caratterizzavano le precedenti versioni del personaggio, ma il suo armamentario è quello tipico di un terrorista (in una scena tira fuori addirittura un bazooka). Sulla scia della modernizzazione della Batmobile nel primo capitolo, a metà tra una Lamborghini e un Humvee (veicolo pesante dell’esercito americano), viene introdotto il Batpod, moto armata altamente tecnologica: anche in questo caso, pur spostandosi su binari sempre più high-tech, la costante è la plausibilità dell’attrezzatura.  

In un mondo pseudo-realistico, Batman è più simile ad un agente SWAT che ad un tradizionale supereroe con il mantello, e la sua lotta con Joker ricorda più la guerra antiterroristica statunitense che coinvolgeva il governo Bush in quegli anni, che un classico scontro con il villain di turno. Il film, infatti, attraverso il conflitto dualistico tra questi personaggi paradossalmente complementari, riflette la condizione della società Usa ancora traumatizzata dallo shock dell’11 settembre 2001, che deve capire come affrontare questa minaccia proveniente dall’esterno.  

Joker destabilizza le certezze dell’ordine costituito: la società è una grande barzelletta, costruita sulla bugia che l’uomo possa avere il controllo sul caos. Le regole, l’etica, i concetti di Bene e Giustizia, sono false illusioni che servono all’umanità per vivere seguendo uno schema, per non cadere nella follia più irrazionale, che è lo stato naturale delle cose. L’irruzione improvvisa del clown assassino, misteriosa ed incomprensibile forza primordiale del Male, che non segue motivazioni logiche di soldi o potere, rappresenta la minaccia dell’anarchia di rovesciare il sistema di valori e di credenze esistenziali che tiene in vita la società. Egli stesso afferma: «Ti sembro davvero il tipo da fare piani? Lo sai cosa sono? Sono un cane che insegue le macchine. Non saprei che farmene se le prendessi! Ecco io … agisco e basta. La mafia ha dei piani. La polizia ha dei piani. Gordon ha dei piani. Loro sono degli opportunisti. Opportunisti che cercano di controllare i loro piccoli mondi. Io non sono un opportunista. Io cerco di dimostrare agli opportunisti quanto siano patetici i loro tentativi di controllare le cose». 

Batman e Harvey Dent, al contrario, rappresentano i tentativi di mantenere in vita l’ordine messo in pericolo dal nichilismo di Joker, che, però, non può essere compreso e controllato come la mafia ed altri criminali comuni. Batman rappresenta il giustiziere che agisce al di fuori degli schemi per preservare l’ordine, poiché è convinto dell’impossibilità del sistema corrotto di difendersi da solo, e dunque della necessità di uno “stato d’emergenza”. Il procuratore Dent, invece, è una figura speculare all’eroe, e rappresenta la Giustizia ed il tentativo del Bene di prevaricare sul Male, rimanendo all’interno dei confini della legge. Paradossalmente, però, mentre Batman, pur agendo al di fuori della legalità, rimane fedele al suo codice morale di non uccidere, Harvey Dent, che combatte secondo le regole, sembra a momenti attratto da un esercizio coercitivo e violento della giustizia.  

Approfondimento su Il Cavaliere Oscuro

Analizzando allegoricamente questi personaggi, risultano illuminanti le parole del regista che afferma: «Abbiamo iniziato ad analizzare l’effetto che un uomo avrebbe potuto avere su una intera popolazione, i modi in cui avrebbe potuto alterare gli equilibri per le persone, i modi in cui avrebbe potuto rubare loro le regole, l’etica, ciò in cui credevano, la loro umanità e ritorcere tutto contro di esse. Si può sostenere che sono cose che si vedono anche nel mondo in cui viviamo e che mi hanno portato a pensare che l’anarchia e il caos, ed anche la minaccia di anarchia e di caos siano tra le cose più spaventose che la società si trovi ad affrontare, soprattutto ai nostri giorni».

Secondo il critico Benjamin Kerstein, infatti, questi personaggi rappresentano allegoricamente il dilemma dell’America contemporanea, che si trova a fronteggiare l’infrazione dell’ordine sociale ed esistenziale del Paese da parte dell’anarchia eversiva. L’allusione del film all’iconografia della guerra al terrorismo è evidente: Joker è ripetutamente chiamato “terrorista”, i video che diffonde sui telegiornali, in cui uccide brutalmente le sue vittime, ricordano quelli delle decapitazioni jihadiste diventate tristemente note in quegli anni, le stragi che compie negli edifici pubblici, che colpiscono principalmente civili innocenti, riportano alla mente numerose immagini di attentati, in particolar modo quello delle Torri Gemelle.

Al contempo, il modo in cui lo Stato (e anche Batman, una sorta di forza paramilitare utilizzata dalla polizia) combatte questo terrorismo, ricorda alcuni metodi utilizzati dal governo Bush: ingannare e depistare l’opinione pubblica, rilasciando informazioni false per proteggere dei documenti secretati (il tenente Gordon che dopo la strage dell’ospedale nasconde ai media la scomparsa di Dent; il finale), mettere in pericolo persone innocenti, sia fisicamente, sia violando la libertà individuale e la privacy (Batman che usa un dispositivo per sorvegliare segretamente i telefoni di tutti i cittadini), utilizzare tattiche violente e estreme per ottenere informazioni (Dent che arriva quasi a torturare un uomo; interrogatorio di Batman a Joker, dove l’atteggiamento del criminale provoca talmente tanto il Crociato Incappucciato da spingerlo al limite, arrivando quasi a far vacillare il suo rigido codice di “non uccidere”). Si innesca così il “dilemma di Guantanamo”, dal nome della struttura detentiva in cui gli ufficiali americani trasgredirono a lungo le convenzioni di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra, rendendosi responsabili di aggressioni fisiche, torture e maltrattamenti inumani nei confronti dei terroristi catturati.  

Il film, in questo modo, si interroga così sulla realtà del suo tempo: come è possibile affrontare un tale nemico che mina le nostre certezze esistenziali senza diventare a nostra volta dei mostri, superando il nostro confine morale (quello imposto dalla legge)? La visione che ne emerge nel finale è decisamente cupa e pessimistica: l’idealizzazione della Legge, Harvey Dent, è corrotta dalla cinica irrazionalità di Joker, che dimostra così come il Sogno Americano e la purezza dei principi della società razionale siano vane illusioni, finzioni costruite dall’uomo per la paura del caos, e come sia veramente facile smascherarle attraverso l’anarchia. L’ordine, le leggi, quindi, sono delle bugie e tutto ciò in cui crediamo è falso. Tuttavia, la società per sopravvivere ha bisogno di una bugia, la richiede: per questo, alla fine, Gordon non racconterà ai media la reale versione dei fatti, cioè che il paladino della giustizia Harvey Dent è caduto in preda al caos e ha abbracciato il Male. Al contrario, offrirà al mondo un’immagine idealizzata ed incorrotta del defunto procuratore, per non intaccare la certezza dei valori della società, condannando il giustiziere Batman (che vive al di fuori di quell’ordine, al margine ma comunque esterno) per la sua morte (di cui è innocente).  

Il sacrificio della verità e di Batman serve per tutelare un Bene superiore: gli uomini vogliono illudersi di avere il controllo del Male (Joker) nei termini della legalità (Harvey Dent), non tollerando di oltrepassare i limiti del loro ordine sociale (Batman), così come la maggior parte degli americani, secondo Kerstein, vuole sconfiggere il terrorismo, ma senza sconvolgere i principi cardine di una società liberale. Batman è un vero e proprio eroe americano, che vive ai confini della frontiera morale della società occidentale: pur agendo all’interno di essa, non potrà mai integrarsi con le sue leggi e le sue regole, perché non appartiene veramente a quel mondo civilizzato (né tantomeno al caos dello stato di natura di Joker). Nella fuga del finale, infatti, dopo aver ristabilito l’ordine della società, sentirà il bisogno di andarsene e di abbracciare quella wilderness tipica dei personaggi western, restando fuori dalle porte di Gotham, come l’Ethan Edwards di John Wayne faceva al termine di Sentieri Selvaggi (1956).  

Le sue contraddizioni sono quelle di un Paese, e Il Cavaliere Oscuro si fa carico di questa riflessione sull’America con un realismo insondato fino a quel momento per i cinecomics. L’obiettivo di Nolan di realizzare un film sul genere finalmente scevro da pregiudizi e degno al pari degli altri “film d’arte”, è stato decisamente raggiunto, come confermano i numerosi risultati critici (primo film supereroistico a vincere un Oscar in una delle principali categorie, con la statuetta postuma a Heath Ledger), di pubblico (una delle opere più apprezzate quasi fanaticamente negli anni recenti, come dimostra la sua ricorrente presenza nelle classifiche di settore) e di botteghino (un successo enorme, con più di un miliardo di dollari ottenuti a fronte di un budget di 185 milioni). 

SITOGRAFIA:

-Benjamin Kerstein, Batman’s War on Terror, Azure Online No.34, 2008

The Dark Knight Production Notes, Warner Bros Archive

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