The Creator, la recensione: distopia, utopia e Intelligenze Artificiali

The Creator

In un futuro distopico e tecnologicamente avveniristico, la Terra è dilaniata da una guerra che contrappone l’umanità alle Intelligenze Artificiali, robot umanoidi accusati di aver raso al suolo Los Angeles. Il mondo occidentale, capitanato dagli Stati Uniti, ha bandito l’uso di tali tecnologie, spostando il teatro degli scontri al sud-est asiatico. Qui, dove la popolazione vive mischiata alle AI, si nasconde il Creator, l’artefice corrotto delle innovazioni robotiche, il quale minaccia di risolvere la guerra grazie ad un’arma segreta.

Sono queste le premesse di The Creator (trailer), il nuovo thriller sci-fi di Gareth Edwards, che dimostra di navigare con agio nella fantascienza dopo l’ultima esperienza di Rogue One: A Star Wars Story (2016). Ma stavolta il regista britannico porta sullo schermo una pellicola diversa, tanto nelle modalità produttive della sua realizzazione quanto nella storia fortemente ancorata a temi attuali.

Alla base di The Creator vi è un tema tanto semplice quanto contemporaneo come quello della diversità. L’archetipico conflitto tra il desiderio di libertà, di convivenza, e la paura di una minaccia, il confinamento, la distruzione. Il problema sta però nelle parti in causa, in quel dualismo tra uomo e macchina che mai come nel 2023 sa di profetico. Le Intelligenze Artificiali vengono inizialmente presentate come un pericolo per la sopravvivenza dell’uomo, pericolo così grande da puntare contro le loro basi un’arma di distruzione di massa, l’astronave chiamata Nomad. Dall’alto dell’atmosfera e con i suoi puntatori olografici, Nomad sembra la metafora di un grande occhio che tutto vede e controlla, un occhio tecnologico da cui (paradossalmente) sono i robot a doversi nascondere.

Ma dietro lo spettro minaccioso delle Intelligenze Artificiali si nasconde, in realtà, soltanto un popolo altro, diverso, con desideri di autoaffermazione e la volontà di poter vivere in pace, di costruire un mondo utopico in cui umani e robot possano coesistere. È questa la sottile verità che si profila davanti a Joshua (John David Washington), un ex soldato incaricato di rintracciare ed eliminare l’arma segreta costruita dal Creator. Ma quando si troverà faccia a faccia con una bambina (Madeleine Yuna Voyles) – una AI senziente in grado di controllare ogni forma di tecnologia – il protagonista dovrà ben presto riconsiderare il confine tra umano e artificiale.

Gareth Edwards ha parlato di The Creator come un incrocio tra Terminator e lo stile di Terrence Malick. Paragoni di un certo peso, certo, ma l’incrocio può forse rendere l’idea del progetto ambizioso messo in scena nel film. Ambizione che spicca decisamente dal punto di vista visivo e produttivo, dal momento che la pellicola lascia sbalorditi per la qualità dell’immagine, la pulizia con cui essa è mostrata, nonostante la presenza costante di elementi di fantascienza, sequenze di combattimento in notturna, visioni grandiose e catastrofiche. L’elemento estetico di maggiore spicco è il contrasto, evidentemente ricercato, tra gli ambienti naturali delle regioni asiatiche e la contaminazione tecnologica che vi si è innestata. Gli scorci che ne risultano sono di grande impatto visivo, creando al contempo un terreno di scontri che richiama alla mente la guerra del Vietnam, con gli americani invasori e i robot nei panni dei vietcong.

Ciò che più meraviglia è allora il budget con cui il film è stato realizzato: appena 80 milioni di dollari, una cifra che praticamente dimezza la spesa media di un blockbuster hollywoodiano odierno. Il tutto grazie ad un innovativo metodo produttivo adottato dal regista che, invece di girare in studio con l’utilizzo del green screen prevede delle riprese in loco su cui agire soltanto in post-produzione. L’effetto finale è certamente notevole, rendendo The Creator uno dei film di fantascienza più riusciti – almeno dal punto di vista grafico – degli ultimi tempi.

Lo stesso non si può dire della storia. Il comparto visivo, coadiuvato da un ottimo sonoro, fa di tutto per costruire un mondo artificiale perfettamente credibile su cui costruire un thriller che suona fin troppo classico, tanto da rischiare l’appiattimento. I problemi di The Creator si manifestano infatti nella scrittura, dalla presenza di dialoghi troppo tirati, quasi stonati, ad una trama fin troppo lineare che riserva colpi di scena già previsti. Il racconto rimane comunque godibile, insieme al suo significato, ma ne consegue che le immagini proposte dal film tengono incollate lo spettatore più per la loro estetica che per il loro contenuto. Rimane ugualmente la straordinaria potenza visiva alla base del film, che ne fa un titolo da non perdere sul grande schermo.

The Creator è al cinema dal 28 settembre.

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