A Salem, Massachusetts, fervono i preparativi per l’imminente festa di Halloween. Hubie Dubois (Adam Sandler) è un disadattato di mezza età che vive con la madre, minge ancora nelle lenzuola e vagheggia un’improbabile relazione con la bella ex-compagna di scuola Violet Valentine (Julie Bowen). Quantunque subisca ogni giorno le angherie e gli sbeffeggiamenti dei ragazzini nonché dei loro genitori, cui è avvezzo e che tollera con comica sornioneria, Hubie intende impegnarsi ad ogni costo perché i festeggiamenti si svolgano in completa sicurezza. Ma un misterioso vicino di casa (Steve Buscemi) e la notizia che un prigioniero è evaso dall’ospedale psichiatrico locale, metteranno a dura prova i suoi buoni propositi.
Frutto di un ponderato accordo tra Netflix e la Happy Madison Productions di Sandler, che a seguito delle prime redditizie collaborazioni decidono di stipulare un contratto per la realizzazione di altri quattro film, Hubie Halloween (trailer) si configura stavolta – a differenza, ad esempio, di The Do-Over, col quale condivide la regia di Steve Brill – come un prodotto confezionato su misura per un target molto, forse troppo giovane. Ma non è certo tale intenzione a renderlo il fallimento che è. Cartoonesca sia nei personaggi sia nelle trovate narrative, questa commediola dal sapore nient’affatto originale punta tutto sulla compassione, sulla generosità, confondendo la docilità con la nobiltà d’animo e spacciando il resto indiscriminatamente per esecrabile prepotenza: oltremodo puerile nel suo tono didascalico, pregno d’una morale buonista ma colorito di un umorismo che vuole punzecchiare i valori tradizionali, Hubie Halloween può benissimo essere liquidata come una patetica favoletta da scodellare a un pubblico di adolescenti non troppo svegli.
Dopotutto c’è da considerare, dati alla mano, che agli abbonati Netflix, Sandler, piace; e lo testimoniano i 73 milioni di visualizzazioni di Murder Mystery, quinto film originale più visto sulla piattaforma del colosso americano. Ma se questo affastellare film ipocriti e inconsistenti giova da un lato a impinguare le tasche dei produttori, dall’altro lato non può che affossare la credibilità di un attore dal buon potenziale come lui, che proprio in ragione di ciò fu snobbato agli Oscar, non senza rimanerne stizzito, seppure per una tanto entusiasticamente criticata opera come Diamanti grezzi. Parliamoci chiaro: i ruoli comici dal tono leggero e scanzonato lo svagano e lo sfamano allo stesso tempo, per questo gli piacciono; e piacciono molto anche ad una vasta ala di pubblico, senza la quale il suo conto in banca non sarebbe così spropositato; ma quando poi egli decide di accettare un ruolo serio, di smettere temporaneamente la livrea da pagliaccio e di indossare lo smoking, ecco un rilevante numero di personalità dabbene sorridergli alle spalle con aria di commiserazione. Non si può avere tutto. Però bisogna prendersi il meglio. Lo spasso, la grana, e qualche genuina prova di virtuosismo ogni tanto: questo si auspica qualunque attore che sappia riflettere un poco. E che vada al diavolo l’Academy!