Skam Italia, la recensione della quinta stagione su Netflix

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Il 1 settembre è approdata su Netflix la quinta stagione di Skam Italia (trailer), la serie adattamento dell’omonimo show norvegese prodotta da Cross Productions. L’esportazione del format, diffusosi in altri sei paesi, ha dato alla nascita a prodotti nuovi e adattati alla cultura locale, sfruttando le peculiarità delle varie società nazionali. La webserie originale, andata in onda dal 2015 al 2017, si era dilungata per quattro stagioni sulle quali si sono basati anche tutti gli adattamenti, tra cui quello italiano: la nuova e quinta stagione è quindi la prima totalmente originale.

Dopo Eva, Martino, Eleonora e Sana, stavolta è quello di Elia (Francesco Centorame) il punto di vista che si prende in analisi e questo fa sì che i dieci episodi siano molto di più incentrati su “i Contrabbandieri” e sulle relazioni che intercorrono tra loro, dedicandosi maggiormente quindi all’universo maschile e le sue complessità e problematiche. La peculiarità di uno show come Skam Italia è sempre stata la sua capacità di affrontare in maniera leggera ma non superficiale temi cruciali per le nuove generazioni, come il revenge porn, l’autostima femminile, il disturbo bipolare, il terrore del coming out e i disturbi alimentari tentando di scardinare pregiudizi in nome di una normalizzazione delle ansie e delle vergogne di essere adolescenti. Il tema caldo della quinta stagione riguarda il body shaming e in particolare il rapporto tra la mascolinità e le dimensioni dei genitali maschili, un argomento decisamente tabù ma fin troppo radicato nella nostra società.

Elia viene fin dall’inizio descritto come un ragazzo bello, spigliato, un latin lover. Musicista in una band, ha tutte le carte in regola per far cadere ai suoi piedi ogni ragazza ma non riesce mai a consolidare una relazione con nessuna di loro. Considerato superficialmente come il classico fuckboy da amici e amiche, in realtà il suo atteggiamento di distanza con le donne nasconde una grossa difficoltà di accettazione della propria condizione fisica, un pene sotto la media che pesa sulla sua capacità di relazionarsi col genere femminile.

La prassi Skam, su modello norvegese, consiste nell’analisi dell’intervista, nella ricerca sul campo effettuata fin dalla prima stagione nei licei italiani. È proprio grazie a queste ricerche che Ludovico Bessegato e la writers’ room si sono basati per la scrittura delle varie stagioni della serie, interrogando i giovani sui propri dilemmi, sulla scuola e sul rapporto col loro corpo e con l’intimità. Da qui la volontà di mostrare sullo schermo temi poco affrontati, cercando di rompere alcuni stereotipi dilaganti nelle generazioni contemporanee e non. Skam è d’altronde la prima serie italiana a mostrare il cambio di un assorbente nella prima stagione e a fare sempre riferimenti alla salute riproduttiva e mentale, temi cari a una generazione Z che sembra così riappropriarsi della propria rappresentazione.

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Il sesso, in un’età cruciale come quella adolescenziale, è un evento, una tappa che si carica di tanti significati sociali, è un rito di passaggio ma è anche motivo di insicurezze e di invidie. Nella società patriarcale contemporanea, il fallo viene ancora visto come simbolo di virilità con la capacità di marchiare con un concetto di verginità ancora a volte pesante. Questo danneggia le donne, viste in una posizione di sottomissione e passività, ma grava anche sull’uomo che si deve sempre misurare con uno standard di mascolinità egemone e prestanza sessuale irrealistico sicuramente anche alimentato dal porno mainstream, capace di dare un’immagine decisamente distorta dei rapporti sessuali.

Il discorso della serie si incentra anche più in generale sul celibato: il fratello di Sana (Beatrice Bruschi), Rami (Ibrahim Keshk), viene infatti consolato dai ragazzi che sostengono che non ce la farebbero a restare un anno senza rapporti sessuali, condizione in qualche modo in cui Elia si rivede. Un’attività sessuale “fuori dalla norma” crea anche uno stigma, come se ci fosse un’aspettativa sociale su uomini e donne sul dovere di consumare rapporti con determinata frequenza per entrare a far parte quindi di una società normata. Tutto ciò che è al di fuori del rapporto sessuale cisgender, eterosessuale e penetrativo rappresenta un’alterità da guardare con sospetto e da allontanare. La riflessione sui ruoli di genere e la mascolinità si estende quindi oltre, considerando anche i problemi di body shaming legati all’identità di genere e le aspettative sociali, tema che comunque può avere una risonanza anche maggiore e arrivare non solo agli spettatori che si identificano con il genere maschile.

Dal punto di vista della messa in scena la regia viene affidata qui per la prima volta a Tiziano Russo che riesce a proseguire egregiamente con il lavoro delle stagioni precedenti inserendosi in una crew già consolidata, continuando a trasmettere il realismo e l’immediatezza della camera a mano, della scelta di inquadrature intime e ravvicinate e del dettaglio. Tra le new entry del comparto attori spiccano le quasi neofite Lea Gavino e Nicole Rossi, sempre nell’ottica produttiva di porre particolare attenzione alla valorizzazione di giovani talenti e professionisti.

La quinta stagione di Skam Italia quindi, di cui non si è ancora a conoscenza di un eventuale seguito, risulta decisamente in linea col lavoro delle stagioni precedenti, narrando senza filtri e in maniera non edulcorata le nuove generazioni, fornendo una rappresentazione in grado di non far sentire più soli i giovani spettatori toccando temi particolarmente tabù.

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