Scream, la recensione: l’ultimo capitolo della saga splatter più famosa al mondo

In un periodo di grandi ritorni nello scenario cinematografico e televisivo (And just like that…, Dexter), ecco che, dopo tribolazioni e rimandi vari, arriva nelle sale Scream (trailer), il quinto capitolo delle franchise splatter/ horror più conosciuto di sempre. Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett prendono le redini della saga nata dalla mente geniale di Wes Craven, cercando di restare fedeli all’originale creando continui rimandi ai suoi predecessori strizzando l’occhio al fandom più accanito.

In due ore di narrazione, Scream convince su tutti i punti. La vena citazionista di Craven torna in grande stile parlando direttamente con il primo film della saga, perché ormai si sa: “ad Hollywood un semplice sequel non basta più” e questo ci viene ricordato per tutta la pellicola. Il quinto capitolo infatti non lo è, non è un semplice “sequel” ma non è nemmeno un “remake”, perché quelli proprio non funzionano più, è più un “requel”, ovvero un film che rivisita l’argomento di un film precedente ma non è un remake o una continuazione lineare della sua trama. Ed eccoci qui catapultati nuovamente a Woodsboro, dove 25 anni dal primo massacro e 10 anni dal secondo, gli abitanti ripiombano per la terza volta nel terrore a causa di un nuovo Ghostface.

Meta-cinematografico e meta-testuale, Scream comunica così con il genere splatter/horror stesso, destrutturandolo e parodiandolo, non prendendosi mai sul serio ed autentificandosi come un film horror di serie B senza alcuna pretesa di essere qualcosa di più. È proprio questo il tassello vincente della saga. Scream non vuole essere niente di più che un film splatter, non vuole elevarsi a film horror autoriale (come Hereditary o The Witch) e non vuole dare significati profondi alla pazzia del suo serial killer (come nel caso della nuova saga di Halloween), è semplicemente un prodotto che vuole intrattenere e strappare, oltre alle grida di terrore, anche qualche sorriso restituendo quell’aspetto dolceamaro della vita stessa.

Facendo così, anche quest’ultimo capitolo crea una critica sociale, producendo un’eco, con una vena dissacrante, alla situazione tragica degli studios che hanno perso qualsiasi tipo di inventiva e riciclano sempre gli stessi prodotti. Ma non si ferma solo a questo, parla della nuova generazione, della pandemia e del futuro il tutto condito con una concezione splatter molto più cruenta dei suoi predecessori. Scream si mette in gioco, ristabilisce delle nuove regole e si prende gioco delle precedenti, tornando sempre ciclicamente al punto di partenza perché sa che deve formarsi su basi solide. Passa così a pieni voti lo scoglio del tempo convincendoci che anche dopo 25 anni, tutti noi abbiamo ancora bisogno di Scream.

Le interpretazioni sono ben calibrate, con grandi ritorni attesissimi (Neve Campbell, Courtney Cox, David Arquette e Marley Shelton) e nuove aggiunte (tra cui Melissa Barrera, Jenna Ortega, Jack Quaid), non risultando mai fuori posto o troppo caricate. La fotografia e la scelta registica omaggia molto Wes Craven, diventando a tratti uguale al primo film, ma mantiene comunque quella vena di novità della nuova generazione di registi. Tra jumpscare e truculenti assassini lo spettatore rimane ancorato allo schermo per tutti il tempo, non annoiandosi o distraendosi mai. Inoltre nella sua sceneggiatura (James Vanderbilt e Guy Busick) il film vede dare finalmente una conclusione ai buchi narrativi lasciati aperti nello scorso capitolo, per i quali abbiamo atteso ben 11 anni, soddisfacendo così i fan della serie.

Tra lodi e complimenti, però questo Scream contiene anche delle riserve che lo allontano dall’essere un film perfetto. La sceneggiatura, pur ben scritta, a volte si riversa su scelte stilistiche che non funzionano completamente. Nel gioco dei rimandi al passato purtroppo alcuni di questi risultano troppo forzati e predominanti, potendo arrivare anche a far storcere il naso allo spettatore in alcuni punti. Inoltre la motivazione di fondo risulta un po’ debole rispetto ai capitoli precedenti, giungendo ad un epilogo finale non all’altezza del pathos creato per tutta la pellicola. Un qualcosa che non pregiudica il divertimento, ma che semplicemente lascia un sapore di incompiuto, di una soddisfazione non davvero raggiunta. A tutto questo si aggiunge una scrittura dei nuovi personaggi – ad eccezione di alcuni casi – non troppo curata e che pregiudica la possibilità di affezionarsi o fare il tifo per la loro sopravvivenza. Sembrano quasi una copia non del tutto riuscita dei vecchi protagonisti, ma con meno carattere, poca inventiva ed una debole motivazione.

Nel complesso il quinto capitolo di Scream è un ottimo requel. Convince fin da subito, terrorizza, commuove e strappa pure qualche risata. È un film perfettamente in corda, sia per lo stile che per la storia, con i suoi predecessori ed è un bellissimo omaggio al genio di Wes Craven. Ha delle pecche ma queste vengono eclissate da un prodotto ben confezionato che non delude minimamente né il fandom e nemmeno la nuova generazione. Scream è un continuo dialogo con il suo spettatore, non risulta pesante o noioso, e tocca i punti giusti. La Paramount Pictures è riuscita così a produrre un film degno di nota che non cadrà sicuramente nel dimenticatoio. Nella speranza di una nuova trilogia, per ora questo quinto capitolo è promosso a pieni voti, aiutato anche dalla sala cinematografica. Uno splatter completo che si inserisce perfettamente nello scenario cinematografico odierno arrivando proprio nel momento giusto.

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