#RomaFF18: Catene, la recensione del film degli allievi della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté

Catene, la recensione del film della Scuola d'Arte Cinematografica Gian Maria Volonté

Nella sezione Panorama Italia – Proiezioni Speciali di Alice nella Città alla Festa del Cinema di Roma, la Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté presenta Catene, il lungometraggio realizzato dagli allievi del triennio 2019/22. Si tratta di un film collettivo composto da cinque episodi, ognuno dei quali è diretto da uno dei cinque allievi del corso di regia della Scuola (Anna Coccoli, Matteo Giampetruzzi, Lorenzo Nuccio, Flavio Santandrea e Lorenzo Vitrone), con un cast ogni volta diverso. I giovani registi si definiscono i ragazzi del triennio del covid-19 e proprio per questo decidono non solo di fare un film collettivo ma anche di affrontare un tema cruciale come l’incomunicabilità.

Un padre alle prese con il figlio disabile, una coppia tormentata dalla dipendenza, l’incontro tra un senzatetto e una prostituta, il conflitto di una giovane donna con il proprio corpo e infine la separazione tra due sorelle: queste sono le trame che si intrecciano in Catene, apparentemente sconnesse ma in realtà legate da un profondo sentimento di tenerezza che fa da sottofondo a tutto il film. Nonostante infatti quasi tutti i personaggi siano in qualche modo avviliti da un’esistenza che li mette costantemente alla prova, c’è in ognuno di loro un fortissimo senso di umanità che si fa strada incontrastato come fil rouge dei cinque episodi: le catene del titolo non sono altro che le barriere dietro le quali i personaggi stessi si nascondono per difendersi dall’inevitabile, l’incontro con l’altro, che per un bel po’ di tempo ci è stato negato proprio dal covid. 

Le singole regie riescono allo stesso tempo ad assumere toni molto personali e ad integrarsi perfettamente tra loro, tanto da far sembrare il lungometraggio il frutto di un unico autore. Gran parte del merito va al montaggio di Graziano Molinari, che avendo a che fare con cinque cervelli e dunque cinque visioni molto diverse, riesce soprattutto a non “impazzire”, come afferma il direttore artistico della Scuola Daniele Vicari, ma anche a dare coesione e unità al racconto senza privare nessuno degli episodi della firma intrinseca del suo regista. 

Anche l’interpretazione degli attori fa la sua parte nella realizzazione di un film corale come Catene. Non solo, infatti, tutte le performances si mostrano credibili e all’altezza, ma dimostrano anche un’omogeneità stilistica abbastanza evidente, forse da attribuire al fatto che molti degli attori vengono proprio dal corso di recitazione della Scuola. In particolare l’interpretazione di Davide Iachini, che veste i panni del ragazzo disabile protagonista del primo episodio, è impressionante e rivela una grande padronanza del corpo che ultimamente si fa fatica a trovare nel panorama attoriale italiano.

Catene, che ha tutte le carte in regola per essere il “saggio di fine anno” del triennio 2019/22 della Gian Maria Volonté, dimostra invece di essere un esordio più che dignitoso ma soprattutto un ottimo film collettivo, che riesce ad elaborare la difficoltà del periodo pandemico e a veicolare per niente banalmente quella che può e deve essere la via d’uscita, ovvero il rapporto con l’altro, fatto di libertà e speranza.

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