#RomaFF16: C’mon C’mon, la recensione

C'mon C'mon film

Quanto può essere difficile crescere un altro essere umano? Quanto può spaventare l’idea di avere tra le braccia la responsabilità di una giovane vita che si appresta a conoscere il mondo? Tutti possono fare i genitori? Genitori si nasce o si diventa? Tanti film hanno cercato di dare una risposta a queste domande, ignorando, forse, che la chiave giusta sia nel non trovarla una risposta, ma spingere lo spettatore a cercare la propria, di verità.

C’mon C’mon (trailer) scritto e diretto da Mike Mills, vede un convincente Joaquin Phoenix farsi largo nell’intimità dei sentimenti umani. Nel film, l’attore statunitense ricopre il ruolo di JoHnny, un giornalista che vive a New York e si muove per il paese con l’obiettivo di intervistare i giovani che si approcciano a problematiche sociali e generazionali. La sua quotidianità sarà stravolta da una richiesta che riceve da sua sorella Viv (Gaby Hoffmann): occuparsi, per un breve periodo, di suo figlio Jesse (Woody Norman), un bambino di 9 anni, estremamente intelligente e intuitivo.

Il film ruota intorno all’istaurarsi del rapporto tra JoHnny e Jesse. Un rapporto che nasce con “l’annusarsi” a vicenda, si evolve con lo scoprirsi e con il riconoscersi, e si conclude con la consapevolezza di esserne usciti diversi, di essere cambiati in relazione con l’altro. Nonostante una certa conflittualità, JoHnny e Jesse non sono così diversi, anzi, il film mette in luce, con divertenti sequenze in cui li vediamo compiere gli stessi gesti e muoversi all’unisono, la quantità di cose, la bellezza di piccoli dettagli che li uniscono. Woody Norman affronta il suo personaggio con una sicurezza e una maturità che sorprendono, riesce ad attirare l’attenzione pur stando vicino a grandi attori, è in grado di portare alcune scene a raggiungere un impatto emotivo capace di colpire.

C’mon C’mon porta sullo schermo la figura di un bambino senza perdersi in luoghi comuni ed omettendo totalmente quella tenerezza smielata con cui spesso vengono impacchettati i giovani personaggi. Jesse è considerato al pari di un adulto, viene posto allo stesso livello di sua madre Viv e suo zio JoHnny. Un essere pensante, con cui poter avere conversazioni mature e al quale è difficile tenere testa. Attraverso questo giovane personaggio riusciamo a conoscere la personalità di JoHnny: grazie alle scomode domande che Jesse gli rivolge vengono fuori i dubbi, i drammi irrisolti, la solitudine di questo adulto che, per alcuni versi, sembra incapace di affrontare se stesso.

Con una fotografia in bianco in nero, ambientazioni che sembrano richiamare un’atmosfera jazz e interpretazioni capaci di emozionare, C’mon C’mon è un film delicato ma al tempo stesso d’impatto, un prodotto intimista ma comunque pronto ad attirare l’attenzione. Fa sorridere, mette di buon umore, ma è anche, e soprattutto, abile nello spingere a ragionare su quanto sia difficile entrare in relazione con l’altro, ascoltare, su quanto sia faticoso comprendere chi si ha di fronte quando non si riesce comprende neanche se stessi. Ti ricorda che stare male va bene, che non bisogna nascondersi dietro un alone di serenità, a volte è necessario ripetersi “C’mon C’mon” e prendere di petto le cose che spaventano, affrontare un futuro che spesso appare più inclemente di quel che è.

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