Al giorno d’oggi redimersi sembra complicato. Così come sembra complicato pensare ogni volta al lato umano di qualsiasi episodio ci capiti ogni giorno. Specie quando si tratta di parlare di ex carcerati, di persone che dovrebbero essere aiutate a re-inserirsi nella società. Non è così facile, vero, ma ridurre ogni volta il tutto ad una cicatrice (invisibile) scalfita sulla pelle di queste persone è troppo semplice. Avendo personalmente parlato di Werner Herzog su queste pagine negli ultimi giorni, la mente non può che correre subito al capolavoro Into the Abyss, lucida disamina su una triste pagina di cronaca nera statunitense conclusasi con la pena di morte per uno dei due detenuti. “Tu sei un essere umano, e non credo che gli esseri umani debbano essere giustiziati”. Così esordiva il regista tedesco nell’intervista con il futuro giustiziato: non bisogna apprezzare per forza una persona, però in quanto tale può, e forse deve, esserci del rispetto. E proprio così Nishikawa Miwa sembra guardare al suo protagonista Tsunoda, in quest’ultimo suo film Under the Open Sky (teaser).
Tsunoda, cresciuto sin da piccolo unicamente dalla madre, è sempre fuggito via. Fuggito via dall’orfanotrofio, fuggito via dalle sue prime responsabilità, che presto hanno incontrato l’interesse per il facile ed affascinante percorso offerto dalla vita criminale nella Yakuza. Yakuza alla quale, dopo aver scontato l’ennesima condanna, deciderà finalmente di voltare le spalle. Dopo tredici anni di carcere è dunque pronto ad inserirsi nella vita comune, forse per la prima volta. Intanto una troupe televisiva, prendendo come scusa la possibilità di aiutarlo a ritrovare la madre, decide di approfittarne per fare audience e raccontare questo percorso di redenzione. Questo lavoro verrà affidato a Mikami, giovane regista che aspira a diventare scrittore, una delle ultime ruote del carro del settore, poco avvezzo al linguaggio sensazionalistico della televisione contemporanea.
Under the Open Sky è un film sulle seconde possibilità, non esclusivamente sulle seconde possibilità di persone come Tsunoda e Mikami, ma di tutti noi. Perché è anche logico, come spiegherà la giornalista nella sequenza del ristorante, che per i non-criminali è facile puntare il dito in queste occasioni: a loro volta anch’essi devono correre per resistere al passo di una società troppo veloce. Proprio quella stessa giornalista che poco dopo approfitterà della natura violenta di Tsunoda per riprendere e catturare lo scoop. Con uno sguardo sia documentaristico che cinematografico, Nishikawa (cresciuta “cinematograficamente” da un maestro come Kore’eda) descrive con delicatezza, concedendosi anche momenti comici, questa paradossale inconsapevolezza, questa ingenuità con la quale la maggior parte di noi convive ogni giorno. Quel sentimento di solitudine al quale nessuno riesce a sfuggire. E proprio facendo ciò non viene mai puntato il dito contro nessuno, perché tutti noi condividiamo un’incomprensione verso il mondo che ci circonda.
Under the Open Sky è un’operazione tanto superficiale quanto complessa. È un film che dalla vicenda di un ex yakuza prende il volo, come nel bellissimo movimento di macchina finale, per offrirci una panoramica su tutta la società giapponese. È un film che parla di ricostruzione di rapporti, della famiglia di sangue e di quella che ci scegliamo (ancora Kore’eda). Uno splendido colpo di coda finale per questa quindicesima Festa del Cinema di Roma.