Dynasty 4, la recensione della quarta stagione su Netflix

Dynasty, la recensione della quarta stagione su Netflix

L’ascesa al potere di Fallon Carrington. È così che si può definire la quarta stagione di Dynasty (trailer), disponibile su Netflix dallo scorso 22 ottobre. Eppure nel minestrone che è questa serie ci sono tanti altri avvenimenti che però – causa ripetizione ed a volte monotonia – vengono declassati nella storia per mettere in rilievo l’unico vero personaggio della serie che è, per l’appunto, Fallon (Elizabeth Gillies).

La terza stagione si era conclusa prima del previsto a causa della pandemia del COVID-19, ed aveva lasciato a cuocere una serie di dinamiche accattivanti: Alexis (Elaine Hendrix) insieme a Jeff (Sam Adegoke) pianificava una vendetta contro Blake (Grant Show), Blake che cercava di salvare la sua azienda a causa di una complicatissima relazione con i Moldavi ed infine Fallon  in procinto di sposarsi dopo che finalmente Liam (Adam Huber) aveva riacquistato la memoria.

Ma adesso, a questa dinastia, cosa è accaduto? Alexis riesce con l’aiuto di Jeff ad avere villa Carrington dopo che Blake per salvare l’azienda mette i suoi beni personali – villa compresa – come garanzia per un prestito, ignaro che i finanziatori siano proprio i suoi più acerrimi nemici. Nel frattempo Dominique (Michel Michelle), trova un testamento del padre dove le viene spiegato che sotto la villa ci sono dei diamanti e fa accordi con Alexis. Cristal (Daniella Alonso), che aveva intrapreso una relazione con un prete, riesce a tornare da Blake dopo una serie di tira e molla, dovendo affrontare poi una grande malattia. Kirby (Maddison Brown) deve fare i conti il suo passato che la riporta ancora una volta nel tunnel della droga mentre Fallon finalmente riesce ad avere il suo lieto fine con Liam con un incantevole matrimonio. Anche se questo, alla fine, le costerà caro. Ed infine la famiglia Carrington che, all’improvviso, dovrà affrontare una grande perdita.

In questa stagione di Dynasty si è voluto mettere a cuocere più di quanto ci si poteva permettere, ed il risultato è stato che la narrazione degli eventi si è andata inceppando gradualmente fino ad arrivare ad una confusione totale salvata in calcio d’angolo alla fine. La trama base viene leggermente rovinata da continui cliché: i tradimenti, il triangolo amoroso di Sam con Ryan e Fletcher, poi di Kirby con Adam e l’ex Oliver, poi di Fallon prima con Liam ed Evan e poi con Liam e la sua nuova assistente Eva. Tutto troppo ripetitivo, già visto anche nelle stagioni precedenti e che rallenta moltissimo le scene, facendole sprofondare nel grosso tunnel della monotonia.

Seppur molte dinamiche siano state superflue, Dynasty si impianta su un accuratissimo processo di world-building per cui tutti i personaggi sono più o meno protagonisti nella vita dell’altro ed influiscono sulla sua evoluzione. Questo rende la serie – nonostante alcuni flop – ugualmente avvincente. Inoltre, cosa non meno importante, si continua a trattare tematiche molto importanti ed attuali come la difficoltà nell’affrontare una malattia, l’ossessione per le relazioni nocive che possono portare ad un’instabilità mentale, l’elaborare un lutto e l’emancipazione femminile.

Ma una delle tematiche più importanti su cui si è sempre basata la serie è l’evoluzione della donna, in ambito professionale e personale. Ecco perché il personaggio di Fallon rimane il fulcro di tutta la struttura narrativa. Fallon è “la protagonista completa”, si evolve di continuo e si forma volta per volta non lasciando mai con la domanda: ma quando è successo? Perché tutti gli eventi che la portano a crescere e maturare vengono spiegati con continuità e logica. Fallon è una ragazza, che diventa donna, che diventa moglie devota ed in carriera. Che guarda avanti e mai indietro ed agisce senza scrupoli nel suo bene ed in quello della sua famiglia. È la dimostrazione che nella vita non bisogna mai annullarsi o accontentarsi, ma bisogna sempre combattere per i propri sogni e obiettivi. Esattamente come fa lei per la sua azienda FallonUnlimited.

L’unica nota stridente, nel complesso della trama portante costituita anche dalla dipartita di uno dei principali personaggi – Joseph Anders – è il ritorno dello stesso sotto forma di “allucinazione”, una sorta di Spirito alla Canto di Natale che funge da guida agli Scrooge della situazione, ossia i Carrington. Per quanto spesso sia doloroso dover salutare un personaggio a cui ci si è indubbiamente legati, è meglio lasciarlo andare piuttosto che fare una rivisitazione moderna della novella di Dickens. Perché può risultare del tutto inappropriata e surreale e non congruente con il genere della serie tv.

Per fortuna però tutto quello che accade riesce a coinvolgere, ad ammaliare, ed ad ipnotizzare: non si può non avere la voglia di sapere come proseguono le vite di questi protagonisti singolari e complicati. Ed è per questa ragione che le avventure/disavventure dei Carrington torneranno con una quinta stagione. Perciò bisogna affrettarsi a catapultarsi in quella corrente e sentirsi parte della ricca dinastia Carrington.

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