#RomaFF16: Les Jeunes Amants, la recensione

Protagonista della Selezione Ufficiale di questa edizione della Festa del Cinema di Roma è anche Les Jeunes Amants di Carine Tardieu, un film che mette al centro l’amore come sentimento chiave per riscoprirsi, per meravigliarsi e per lasciarsi sconvolgere. La strana coppia intorno alla quale ruotano le vicende che a cascata vanno a coinvolgere anche gli altri personaggi è composta da Shauna, interpretata da Fanny Ardant, un’ex donna in carriera e allo stesso tempo mamma che, arrivata alla soglia dei settantuno anni, non crede sia più possibile trovare qualcuno con cui condividere il resto della sua vita e Pierre, giovane medico interpretato da Melvil Poupaud, sposato con due figli e nel pieno della sua carriera la cui vita, soprattutto quella privata, sembra continuare in maniera tranquilla, forse troppo.

Due percorsi ben delineati che non sembrano prevedere cambiamenti di sorta, ma è proprio in situazioni come queste che un imprevisto, rappresentato in tal caso da questa bizzarra storia d’amore, mette in crisi da una parte un rapporto con se stessi e dall’altra un rapporto consolidato e sancito dal sacro vincolo del matrimonio. Quella di Shauna e Pierre sembra comunque iniziare come una favola basata sulla trasgressione e sull’imbarazzo, soprattutto per lei, una donna che si lascia trasportare dal sogno di poter ricominciare a provare l’ebrezza di un innamoramento quasi adolescenziale. Una condizione che la porta, dopo un po’ di timore, a baciare il suo Pierre sotto la pioggia, di notte, in un vicolo, di nascosto da tutto e da tutti, una scena in cui spariscono i corpi ed emergono le anime che non si devono preoccupare degli anni che passano o dei ruoli che si ricoprono.

Continua questa storia segreta tra eccitazione ed evasione, stabilità e confusione, inquietudine ed imbarazzo fino a quando entrambi sentono il bisogno di rivelare a chi è a loro più vicino questa situazione sconvolgente: Pierre confessa il tradimento alla moglie e Shauna ne parla con sua figlia. Questa storia, dunque, non è più loro ma diventa condivisa con altri, rappresentati dai propri familiari che diventano anche il simbolo dell’Altro, di chi rimane destabilizzato da un rapporto in cui la differenza d’età è così notevole e che quindi spesso porta a sentenziare giudizi facili.

Una favola che comincia ad incrinarsi, che vede le parti ribaltarsi con Pierre sempre più sicuro dell’amore che prova per Shauna che invece vorrebbe tornare indietro evitando che lui mettesse <<a soqquadro la sua vita per una donna senza futuro>>, soprattutto quando la malattia, il Parkinson, mette momentaneamente fine a questa storia d’amore. Il sogno si spezza e Shauna precipita in una prigione di rassegnazione e solitudine, ma è proprio quando la favola sembra concludersi con un finale così amaro che la Tardieu rassicura lo spettatore facendo riemergere la verità di quel sentimento che li ha travolti fin dal primo momento che si sono visti.

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