Panipat – The Great Betrayal, la recensione del film su Netflix

Panipat

In principio fu la Rai ad inserire nella sua programmazione cicli di film popolari inediti indiani, fino a quel momento i film di Bollywood (Hollywood di Bombay, attuale Mumbai) erano visibili solo viaggiando in oriente o frequentando i quartieri etnici delle grandi metropoli occidentali. In questi ultimi anni grazie a Netflix è stato possibile vedere i grandi blockbuster cinesi o indiani che la distribuzione cinematografica ci preclude. Ma prima di affrontare Panipat – The great betrayal (trailer), il kolossal basato sulla cronaca dell’invasione in India dell’impero afghano, è necessario spendere qualche riga sull’altro lato dell’industria del cinema mondiale: la rigogliosa e colorata India dei “Masala Movie“.

L’India è stato il Paese con più spettatori in sala nel 2018 superando la Cina e gli Stati Uniti, la nazione più prolifica, per quanto riguarda la produzione nel 2018 , è stata quella indiana, che ha potuto vantare 1813 film realizzati e certificati (pare che fuori dall’istituzionalità siano molti di più) seguita dalla Cina, il Giappone ed in quarta posizione gli Usa. Nel 2018 l’India aveva 9 film nazionali nella sua top 10 degli incassi dove solo gli Avengers erano riusciti a fare la differenza fermandosi in terza posizione.

Il genere forte del mercato indiano è il cinema mitologico o storico ricco di scene in costume, effetti speciali di livello nordamericano, scenografie incredibili di musical e la capacità di ipnotizzare lo spettatore per 3 ore buone davanti a storie che fondono differenti generi apparentemente disomogenei in una sola enorme esperienza visiva.

Il film Panipat – The great betrayal prende ispirazione dai fatti storici della battaglia di Panipat avvenuta nel 1526, la base è storica ma la ricostruzione vola nel mondo del cinema fantastico con forti riferimenti a 300 e diverse licenze stilistiche, ma per il pubblico dei film di Bollywood quello che conta è l’impatto emotivo e sensoriale e la credibilità storica non è minimamente contemplata.

Ashutosh Gowariker è uno dei registi più capaci di questo settore, ha quasi ottenuto il premio Oscar con il meraviglioso Lagaan – Once upon a time in India che ha colpito il cuore della critica internazionale per la cura dei dettagli ed un certo realismo inaspettato nei confronti della costruzione dei personaggi. Alcuni anni dopo Gowariker avrebbe ritentato la via del kolossal con un film molto ambizioso su un altro piccolo tassello della storia indiana, ovvero la caduta della città leggendaria di Mohenjo-daro (risalente all’età del bronzo) che fa anche da titolo al film ed avvalendosi della consulenza scientifica di una squadra internazionale di storici ed archeologi ma senza trovare la dovuta accoglienza del pubblico.

Ma la forza commerciale di Panipat non si ferma al suo regista o alle maestranze molto preparate al suo servizio, gioca una carta importante anche la star locale Sanjay Dutt, figlio d’arte e attualmente una delle star più importanti dell’industria indiana, nonché sostanzialmente immortale dal punto di vista della popolarità. Al vertice del mercato indiano del 2018 c’era proprio il biopic Sanju che trattava della vita del divo indiano Sanjay Dutt, processato e condannato a cinque anni di carcere in quanto ritenuto legato all’attentato del 1993 in cui furono uccise 257 persone a Mumbai. Nonostante la condanna Dutt è rimasto un divo incredibilmente influente che ha confermato il suo senso degli affari producendo “da dietro le sbarre” questo film e raccogliendo i frutti al box office (anche questo titolo lo trovate nella library Netflix in Italia) .

Panipat è un kolossal di ispirazione storica ricco di intrighi, tormentate storie d’amore, strategie militari e si avvale di una battaglia finale ricca e complessa piena di effetti speciali e colpi di scena ben congegnati e calibrati. Naturalmente non mancano le tipiche ingenuità del cinema di Bollywood che però non sono mai oggetto di condanna da parte del pubblico locale.

La maggiore sfida mossa alla visione di Panipat sono le quasi tre ore di film, che tuttavia scorre liscio come uno spettacolo di Broadway incluse emozioni a tavolino e grandi competenze scenografiche.

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