#FEFF25: Home Coming, recensione del film di Rao Xiaozhi

Home Coming recensione del film di Rao Xiaozhi Dasscinemag

Nel 2021 il film sudcoreano di Ryoo Seung-wan Escape from Mogadishu è stato un successo commerciale internazionale. La storia era quella, un po’ romanzata ma non troppo, della fuga dei diplomatici sudcoreani e nordcoreani dalla Somalia straziata da un colpo di Stato e totalmente nelle mani di piccole e brutali fazioni armate. Due anni dopo ecco arrivare dalla Cina una produzione incredibilmente simile che racconta la fuga dei diplomatici cinesi e dei loro connazionali da un paese arabo che… non esiste. Esattamente come il regno di Wakanda o le città di Metropolis o Gotham, anche la nazione di Numia da cui devono fuggire i diplomatici cinesi è solo frutto della fantasia degli autori ed il suo scopo è quello di rappresentare concettualmente un paese arabo dal governo precario. A tutti gli effetti Home Coming (trailer) di Rao Xiaozhi sembra un seguito spirituale del film sudcoreano ma tradisce uno degli elementi più importanti trattandosi di una storia di pure fantasia.

Il film è un blockbuster patriottico cinese in buona sostanza moderato nella retorica, che predilige l’azione e la tensione ai pistolotti nazionalisti. In questo si avvicina ad una soglia di godibilità internazionale piuttosto elevata ma resta pur sempre un po’ difficile da proporre avendo il deficit imbarazzante di sembrare ma non essere in alcun caso una storia vera. Avendo una struttura molto simile al film sudcoreano il confronto risulta inevitabile, perciò costruire una storia fantastica su un modello del genere fa davvero sorridere uno spettatore più preparato della media.

Lasciandoci alle spalle questo elefante nella stanza siamo comunque davanti ad un film di genere molto ben confezionato con un fantastico senso del ritmo, una qualità tecnica impressionante ed una recitazione e regia drammatica di ottima qualità. Insomma il film è ottimo per una serata spensierata e la retorica ideologica non pesa più di tanto nell’economia del racconto, un ultimo sorriso ce lo regala il fatto che il regista sia alla sua prima esperienza del genere essendo più noto per la sua passione per il teatro dell’assurdo.

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