John Wick 4, la recensione: un eroico bagno di sangue dal gusto retrò

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Con John Wick 4 (trailer) arriva al suo quarto capitolo il ciclo basato sul personaggio creato da Derek Kolstad, che rappresenta una sintesi adrenalinica dei videogiochi, fumetti e film di fine Novecento, con una marcia in più dovuta alle risorse tecnologiche e la sofisticazione del nuovo secolo. In sostanza la saga di John Wick è un chiaro omaggio all’immaginario collettivo degli anni ’80, che cita con precisione e gusto in ogni suo capitolo, e degli anni ’90, che videro proprio nella figura del protagonista della serie Keanu Reeves una delle stelle emergenti della Hollywood di fine secolo.

In John Wick 4 il regista Chad Stahelski rende omaggio al classico incompiuto di Bruce Lee The Game of Death: stiamo parlando del progetto originale, da non confondere con l’orribile lavoro di Robert Clouse. Ma è anche un gustoso tributo del classico di Walter Hill The Warriors – I guerrieri della notte che proprio quest’anno celebra il suo anniversario. Dal film di Walter Hill si ritrovano alcune canzoni ed una parte dei combattimenti finali, includendo la fuga per la città con la relativa caccia all’uomo scandita dalla voce di una deejay.

Ma pur onorando il gusto dei classici citati, il film non manca di giocare con l’eredità extradiegetica di Matrix mettendo a fianco di Reeves il grande volto iconico di Laurence Fishburne, indimenticabile Morpheus. Il nuovo capitolo della saga sembra un videogioco retrò, in cui il protagonista non ha niente altro da fare che combattere dalla prima all’ultima scena. Poco importa il realismo, poco importa la sua incredibile capacità di incassare pugni, coltellate o pallottole; quello che conta è che arrivi fino all’ultimo livello barcollante ma arrabbiato, per uno scontro finale che rende onore a Sergio Leone.

La presenza di Donnie Yen, protagonista di Ip Man (dedicato al maestro di Bruce Lee), è una connessione squisita e articolata ai grandi classici gongfu movie di Hong Kong. Allo stesso modo l’indimenticabile eroe di molti film di samurai giapponesi Hiroyuki Sanada vuole collegare la saga al genere chambara ed agli yakuza movie. Insomma vedere John Wick 4 è come fare un lungo viaggio nella cultura pop degli anni ’80 e ’90 ritrovando volti iconici e generi che in quegli anni hanno raggiunto il loro massimo splendore.

Il film dura quasi tre ore ma è talmente adrenalinico e ricco di colpi di scena da non pesare mai. Sono tutt’al più i dettagli estetici a fornire una possibile distrazione dalle botte, che costituiscono davvero il 95% della struttura del film. Una gincana di sangue e combattimenti acrobatici che finiranno per farvi sentire in un luna park, dove ogni plausibilità è scarificata al servizio dell’estetica del combattimento. Insomma un film di Hong Kong con i mezzi che Hollywood non ha mai dato ai registi cantonesi in fuga dalla Cina ma che inevitabilmente finisce per citare ed omaggiare quasi ad ogni minuto. Un prodotto d’azione estrema e dall’estetica molto furba ed alla moda che farà probabilmente di questo film, un giorno, un punto di riferimento per studiare l’estetica del cinema americano contemporaneo.

John Wick 4 è al cinema dal 23 marzo.

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