#FEFF26: Bushido, la recensione del film di Shiraishi Kazuia

bushido, la recensione del film

La parola bushido in giapponese significa la via del guerriero, un codice di condotta che consente ai samurai una vita etica ed una reputazione elevata. Anche un samurai caduto in disgrazia, come il protagonista del film (trailer) di Shiraishi Kazuia, è tenuto a mantenere un condotta esemplare. Se il suo codice morale viene messo in discussione, solo la morte può dirimere la controversia intesa come la propria. Ciò può accadere attraverso il rito del seppuku o del proprio accusatore, attraverso la decapitazione se si tratta di un semplice cittadino o di in duello in caso di altro samurai.

La vita del samurai Yanagida, rinnegato dal suo feudo ed oramai modesto artigiano, scorre mite tra un debito e l’altro e l’impegno di crescere la sua giovane figlia. Ormai la katana è oggetto di ricordi e la sua unica passione è il gioco del go, un divertimento da tavolo composto da pedine bianche o nere che esercitano il senso strategico dei partecipanti. Il gioco, nato in Cina, si diffuse in Corea e poi in Giappone, che lo adottò con tale entusiasmo da nominare perfino un ministro che ne amministrasse la diffusa ed il regolamento. In Giappone, infatti, ai tempi dei samurai, esistevano vere case da tè dedicate solo ai tornei di questo gioco, con premi ambiti e giocatori leggendari.

La prima parte del film si concentra sull’etica del bushido e sulla filosofia e le mosse strategiche del go. Yanagida verrà però ingiustamente accusato di furto e per pagare un debito non suo sarà costretto a dare in pegno alla tenutaria di un bordello la sua giovane figlia: se entro un anno esatto non pagherà il debito la ragazza sarà introdotta al mestiere. Yanagida promette dunque ai suoi accusatori che se sarà dimostrata la sua estraneità al furto avrà il diritto di rivendicare loro le teste. Il samurai in disgrazia parte per un viaggio in cerca del rivale che con calunnia lo fece bandire dal suo feudo. Il traditore è nel frattempo divenuto un ronin (samurai senza padrone) e vaga per le grandi città giocando a go. La missione di Yanagida consisterà nel ritrovare il ronin, eliminarlo a duello, ritrovare un prezioso rotolo dipinto rubato dal feudo, ed inoltre, nello stesso anno, dovrà riuscire a trovare i soldi per riscattare la figlia e salvarla dalla prostituzione. Nel terzo atto, il film, dunque, cambia e si trasforma in un tradizionale chambara della scuola di Kurosawa Akira, composto da inseguimenti, duelli e strategie per sconfiggere il rivale ed ottenere giustizia. La katana di Yanagida sarà di nuovo utile e vibrante.

Il film di Shiraishi Kazuia è un delizioso spettacolo, preciso nei riferimenti storici quanto nei costumi e nelle tecniche di combattimento con la spada. Un prodotto medio per il Giappone, ma esemplare per il pubblico occidentale, con una recitazione ineccepibile ed una messa in scena gradevole e classica. Si può dire che il film non aggiunga e non tolga nulla alle storie di samurai già realizzate, ma questo non rende il prodotto meno degno di stima e considerazione, proprio come il suo personaggio. Bushido può sembrare modesto e ordinario ma cela in sé una poetica ed un’estetica che lo rendono un film pregiato e godibile.

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